Fondi Hedge e Private Equity
Concludiamo questa breve serie sui derivati e gli investimenti alternativi parlando di due strumenti molto noti fra gli addetti ai lavori ma spesso circondati da diffidenza e fama sinistra presso il grande pubblico: le quote di hedge funds e di private equity funds. Si tratta in entrambi i casi di quote di fondi comuni di investimento chiusi, gestiti da società specializzate con criteri molto diversificati ed in modo attivo.
A differenza dei fondi comuni più diffusi (azionari, obbligazionari, bilanciati) che molto spesso si limitano a una gestione passiva o a benchmark, questi hanno generalmente come obiettivo un rendimento assoluto, cioè il loro risultato di gestione non è dato da un confronto con un dato medio di settore (se ho fatto meglio dei competitor sono stato bravo) ma in base al profitto in valore assoluto distribuito ai sottoscrittori, una volta pagate le spese di gestione e rimborsati i manager (se ti ho dato almeno gli Euro che ti ho promesso sono stato bravo).
Abbiamo spesso assistito al paradosso di fondi di investimento che, pur avendo perso, esprimevano soddisfazione (e percepivano commissioni di successo) perché comunque avevano fatto meglio del benchmark di riferimento del settore, ovvero dell’indice che rappresenta una media fra i risultati dei diversi operatori. Ad esempio negli ultimi anni dello scorso decennio, nel pieno della grande crisi, gli indici di performance settoriale erano tutti fortemente negativi: per i fondi azionari abbiamo assistito a perdite anche a doppia cifra in un anno. Poteva capitare che un determinato fondo azionario perdesse, mettiamo, il 5% in un anno e che i sottoscrittori perdessero di fatto due volte si vedessero “cornuti e mazziati”(non mi piace granchè come espressione, vedi te se lasciarla o meno): non solo il loro patrimonio era diminuito, ma i gestori si prendevano anche laute success fee (commissioni di successo), avendo comunque battuto il benchmark.
Nel caso degli hedge fund, l’obiettivo è invece quello di far crescere il valore del fondo in modo costante e progressivo nel tempo, attraverso modelli di gestione dinamici e con assunzione di rischi anche rilevanti, purché bilanciati da una adeguata diversificazione. Per far questo, tali fondi possono ricorrere anche a strumenti sofisticati, generalmente preclusi ai fondi tradizionali, quali: possibilità di vendite allo scoperto, transazioni in opzioni e futures, ricorso alla leva finanziaria e tecniche di copertura (hedging) complesse.
La categoria degli hedge funds, che da noi vengono impropriamente definiti “fondi speculativi”, è composita e comprende tanto il piccolo fondo specializzato per settore o area geografica, quanto il grande operatore world-wide, aggressivo e presente su tutti i mercati. I soggetti appartenenti a quest’ultima categoria sono quelli che in gran parte alimentano la speculazione sui mercati e danno origine talvolta a veri e propri sconvolgimenti di mercato, tanto che è stato coniato per loro il termine di “fondi locusta” o “cavalletta”.
In realtà la speculazione è una componente fisiologica dei mercati, perché consente di riportare le loro condizioni in equilibrio quando se ne siano allontanate. I fondi scommettono su tali movimenti e, se indovinano la previsione o riescono a innescarla, conseguono un profitto; altrimenti sono i primi a perdere.
Contrariamente ad un giudizio superficiale negativo, si tratta quindi di strumenti che possono ben trovare spazio in un portafoglio equilibrato e razionale e che hanno in genere una funzione anticiclica, nel senso che possono produrre utili anche quando i mercati sono in calo, proprio perché possono operare allo scoperto.
Sul mercato esistono anche i fondi secondari, ovvero fondi che hanno in portafoglio a loro volta quote di fondi hedge, e che pertanto possono offrire ai loro sottoscrittori un’ulteriore garanzia di diversificazione e la possibilità di accedere anche a fondi che un privato non potrebbe mai acquisire perché magari sono richiesti livelli minimi di investimento rilevanti oppure una conoscenza diretta degli operatori e dei mercati in cui agiscono.
Il limite di investimento è una delle caratteristiche che rende questi strumenti adatti a portafogli di dimensioni di un certo livello e non alla portata di tutti gli investitori. Inoltre per i fondi di maggior successo, occorre spesso “mettersi in fila” perché trattandosi di fondi chiusi i collocamenti sono esauriti e bisogna attendere il lancio di un nuovo fondo oppure la vendita da parte di un sottoscrittore. In alcuni casi, per precisa scelta dei gestori e quando siamo in presenza di eccellenze riconosciute, tali prodotti sono riservati solo ai già clienti e non vengono aperti a nuovi sottoscrittori.
Generalmente è però possibile acquisire quote dei fondi hedge attraverso le banche di maggiori dimensioni e i broker, ma è consigliabile acquisire prima informazioni sui gestori, sul track record (ovvero sui risultati conseguiti in passato), sulle caratteristiche e lo stile di gestione.
Sostanzialmente diversi sono i fondi di private equity, che generalmente non sottoscrivono titoli quotati o largamente diffusi, ma entrano in situazioni di start-up o di turnaround aziendale scommettendo sulla capacità di valorizzare le aziende in cui entrano, per poi cederle realizzando un profitto. Tali fondi entrano nel capitale sociale (equity) delle aziende target e quasi sempre ne assumono il controllo guidando la fase di crescita o di recupero. Una volta realizzato l’obiettivo, la partecipazione viene dismessa tipicamente attraverso il collocamento in borsa.
Molti di questi soggetti riescono a realizzare ingenti profitti e a remunerare lautamente i sottoscrittori delle quote, anche se i rischi sono normalmente elevati: basta però un buon affare per compensarne tre o quattro andati male.
Anche in questo caso valgono le considerazioni fatte per gli hedge in materia di rilevanti limiti minimi di ingresso, difficoltà di entrare nei fondi di maggior successo ed esistenza di un circuito secondario interessante.
Si conclude con questo articolo la mini-serie su derivati e investimenti alternativi, che talvolta ha portato i nostri lettori a esaminare situazioni complesse e tecnicamente articolate. Anche se spesso si tratta di strumenti non alla portata di tutti, per entità dei patrimoni richiesti e per livello di conoscenze, è comunque importante sapere che esistono tali possibilità di investimento, certo non consuete per il risparmiatore medio ma che possono dare comunque delle belle soddisfazioni, se ben gestiti e sfruttati.
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