QUESTA VOLTA SARÁ DIVERSO

QUESTA VOLTA SARÁ DIVERSO

Lun, 03/20/2023 - 16:25
|   
1 commento

Le crisi bancarie di questi giorni hanno diffuso il panico fra gli investitori

.bank crisis

Il fantasma di Lehman Brothers ha cominciato a ricomparire negli incubi di molti operatori dei mercati finanziari e degli investitori retail, da quando le banche – dall’altra parte dell’Oceano ma ora anche in Svizzera – hanno ricominciato a cadere come birilli in una sala da bowling.

La prima a cadere è stata la Silicon Valley Bank, prima d’ora pressoché sconosciuta al grande pubblico, ma ben nota – fra l’altro – alle agenzie di rating: fino al giorno prima del disastro, Moody’s riconosceva una bella tripla A alla banca delle start-up tecnologiche, la classe di merito dei migliori, per poi degradarla al rango di junk, ovvero spazzatura. Non molto diversa la valutazione di S&P Global o di Fitch. Tutti bravi a prevedere il passato, per il futuro dobbiamo ancora attrezzarci.

Poi è stato il turno della First Republic Bank, banca commerciale californiana salvata da un prestito di 30 miliardi di dollari concesso dalle grandi banche USA. Il modello di salvataggio, che ha escluso (per ora) interventi pubblici e quindi impiego di risorse dei contribuenti, è una novità interessante nel panorama dei salvataggi bancari. Si realizza una singolare circolarità: i depositi ritirati dai clienti, e versati nelle casse degli istituti più solidi, tornano alla banca in crisi attraverso prestiti che consentono di far fronte alle richieste dei depositanti.

.disallineamento

Infine, il caso del Credit Suisse, che - a differenza dalle due banche USA sopra menzionate – è un istituto di grande tradizione e di standing molto più elevato. In questo caso è intervenuta con prontezza la banca centrale elvetica sia confermando la solidità del Credit Suisse e la conformità ai parametri patrimoniali, sia (aspetto più importante) concedendo un prestito di 50 miliardi di franchi svizzeri, col quale la banca ha fatto fronte alle esigenze di liquidità immediata: il titolo ha, quindi, ripreso fiato sui mercati finanziari, dove il giorno prima aveva lasciato sul terreno quasi un terzo del suo valore.

Nonostante la differenza fra le banche in crisi, i tre episodi hanno in comune la causa scatenante, che risiede sostanzialmente nella sconcertante incapacità gestionale di chi amministrava quelle aziende. L’errore compiuto, in tutti casi, è quello tecnicamente definito “mismatch delle scadenze”, ovvero disallineamento fra le scadenze dell’attivo e quelle del passivo nel momento in cui i tassi aumentano repentinamente. Vediamo di cosa si tratta, non prima di aver sottolineato come sia incredibile che manager di istituti così importanti siano incorsi in un banale errore di valutazione, che neanche un bancario alle prime armi avrebbe dovuto commettere.

.disallineamento

Il mestiere della banca è quello di raccogliere risorse dai depositanti per concedere prestiti a imprese, famiglie e pubblica amministrazione in modo da finanziare i loro investimenti. Tipicamente l’azienda di credito ha quindi un passivo a scadenza breve o salvo revoca (i correntisti possono richiedere indietro i loro soldi in qualunque momento) e un attivo a scadenza più prolungata, data la durata dei progetti di investimento finanziati. Per questo è fondamentale gestire in modo accorto e sapiente questo disallineamento strutturale. Il rischio tipico è che una massiccia richiesta di depositi inneschi una crisi di liquidità che non può essere superata semplicemente monetizzando gli attivi, in quanto immobilizzati nei clienti debitori.

Se invece gli attivi bancari sono investiti in maggior parte in titoli a lunga scadenza, come nei casi in questione, il rischio è che un improvviso aumento dei tassi ne deprima i valori e provochi perdite potenziali nel portafoglio, che la banca deve comunque coprire per rispettare i requisiti patrimoniali delle autorità di vigilanza. Tocca allora procedere ad aumenti di capitale, ovviamente non graditi agli azionisti che devono tirar fuori denaro per risanare una banca in conclamata difficoltà.

.panico

Il Credit Suisse aveva appunto chiamato un aumento di capitale di 4 miliardi di franchi svizzeri pochi mesi fa (novembre 2022), al termine del quale è risultato socio di maggioranza col 9,88% la Saudi National Bank. Ed è stata proprio la banca saudita a dichiarare che, alla luce della situazione del Credit Suisse, non avrebbe sottoscritto eventuali ulteriori aumenti di capitale. E questo ha spinto il titolo nel baratro.

C’è chi ha collegato questa forte presa di posizione dei Sauditi ai nuovi equilibri mediorientali e all’avvicinamento del regime di Bin Salman alla Cina e all’obiettivo di mandare un messaggio all’Occidente e agli USA, dimostrando che il peso finanziario del paese è ancora in grado di condizionare il destino di banche e aziende.

A parte le dietrologie più o meno giustificate, resta il fatto che le crisi bancarie di questi giorni, a cui non è comunque escluso che ne possano seguire altre, sono state causate da motivi ben diversi dai mutui subprime e dalla bolla che fecero scoppiare nel 2007-2008. E questo nonostante i continui aumenti di tassi di interessi (che la Banca Centrale Europea non ha interrotto neanche in questa fase) che minacciano la solidità di banche sempre più esposte sul mercato obbligazionario, anche perché sempre meno disposte a rischiare con i prestiti all’economia.

.banche

Inoltre, come abbiamo visto, le banche centrali – al contrario di quanto fecero al tempo – si sono mosse ora con rapidità ed efficacia e sono riuscite a tamponare la fase più acuta della crisi. Hanno anche messo in campo strumenti più articolati e mirati, come il prestito dei grandi istituti alla First Republic Bank, per ricostituire la liquidità e condizioni accettabili alle banche sotto stress.

Per questo, ci potremmo sbagliare ma non vediamo un effetto domino o l’inizio di una crisi generalizzata negli episodi di default o illiquidità che stanno preoccupando i mercati. È comunque da mettere in conto una forte volatilità dei corsi di titoli azionari e obbligazionari, che dovrebbe consigliare grande prudenza agli investitori.

 

 

 

Commenti

Buongiorno Marco, anzitutto spero che tu stia benissimo!!!
Leggo sempre con interesse i tuoi articoli che trovano quasi sempre la mia modesta approvazione.
Nell'ultimo però, e cioè quello intitolato "Questa volta sarà diverso", ritengo che tu abbia veramente centrato l'argomento e, soprattutto, la causa principale degli ultimi crack bancari: l'incapacità gestionale degli amministratori delle banche dediti prevalentemente a "cullare" i propri interessi (ultimo, ma non credo che sarà l'ultimo, il caso Orcel che potrà arrivare ad accumulare qualche milioncino in più.....) invece che gestire con professionalità gli istituti da loro diretti. Il "mismatch" sulle scadenze, da te perfettamente descritto, rappresenta infatti la base per una efficiente gestione bancaria , un po' come la diversificazione sul portafoglio di un investitore. Ormai, scendendo nel piccolo, è sotto gli occhi di tutti l'inefficienza del sistema bancario che invece di essere il volano del sistema economico è costretto a fare i conti con il contenimento dei costi, soprattutto del personale non più ritenuto come risorsa ad alto potenziale o valore aggiunto, ma esclusivamente "carne da macello" con il risultato per la clientela, anch'essa ormai ridotta ad un puro numero, a non avere più risposte adeguate o, addirittura, non averne per niente! (Hai mai provato a chiamare qualche filiale di Unicredit?)
Non apro poi il discorso sulle società di Rating che mi viene da definire come "l'astrologo di Brozzi" (ti ricordi la Artur Andersen?!).
Non vado oltre perché altrimenti mi dai del....Vecchio!!!!
Ti mando un caro saluto ed un grazie per il tempo che ci dedichi!!!
Gianni Rabissi