La strategia negli investimenti delle famiglie

La strategia negli investimenti delle famiglie

Mar, 10/04/2016 - 08:45
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Se abbiamo definito con sufficiente chiarezza quali sono i nostri obiettivi di investimento (durata, reddito, formazione di capitale, scadenze) e ci siamo fatti un’idea delle nostre propensioni (al rischio, preferenza per la liquidità, durata media dei titoli), siamo idealmente pronti per costruire il nostro portafoglio.

Il primo passo è quello di definire la nostra asset allocation strategica, ovvero la ripartizione delle risorse disponibili fra le diverse classi di investimento. E’ un concetto che abbiamo già trovato negli articoli precedenti e che mira a definire la percentuale del patrimonio da impiegare in ciascuna tipologia di titoli, restando per il momento nell’ambito di una classificazione a maglie larghe, molto generica (cassa, obbligazioni delle varie specie, azioni, immobili, valute). Il percorso di investimento è quello che ci porterà da questa fase, attraverso l’asset allocation tattica, l’analisi dei titoli disponibili e il timing a passare gli ordini di acquisto alla banca.

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Dei concetti di strategia e tattica abbiamo parlato in precedenza a lungo e non ci dilunghiamo oltre. La strategia è quella che definisce il percorso ( il punto di partenza e la mèta) sulla base degli strumenti disponibili (risorse, tempo) e dei vincoli; la tattica è quella che definisce il tipo di strada, il veicolo, le soste che vogliamo fare. Con la strategia si realizzano gli obiettivi che ci siamo proposti, con la tattica si risparmia tempo, si guadagnano risorse, si conseguono extra-redditi, si evitano o si limitano i danni di previsioni errate.

Entrambe sono importanti, entrambe vanno stabilite e seguite con attenzione. Senza una buona strategia “si naviga a vista”, senza una buona tattica si possono pregiudicare i risultati.

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LE PREVISIONI

Come ho scritto nell’incipit di questo blog (che a questo punto invito a rileggere: https://wordpress.com/post/marcoparlangeli.com/22 ), alla base dei processi razionali, in finanza come nella gestione di impresa o di un ente non-profit, ci sono le valutazioni sui megatrends e microtrends che devono orientare le scelte. Ne abbiamo indicati alcuni sui quali credo ci possa essere una condivisione generalizzata (prezzi e tassi stabilmente molto contenuti, prezzi del petrolio attesi in crescita e così via).

Per costruire un’efficiente asset allocation, occorre farsi un’idea su come si muoveranno:

  • I prezzi (andamento atteso dell’inflazione);
  • I tassi (a seconda delle varie scadenze dell’investimento);
  • Il ciclo economico (ci sarà sviluppo, recessione o stagnazione?);
  • I settori produttivi (quali andranno bene e quali fletteranno);
  • Le valute (nel caso che la nostra propensione al rischio ci porti a valutare anche investimenti in divisa estera).

Questa è sicuramente una delle parti del processo (insieme alle successive) che richiede conoscenze e informazioni non alla portata di tutti. Per questo si possono utilizzare i consulenti finanziari, gli addetti di banca, i private bankers. Oppure possiamo usare la stampa specializzata, i siti economici, i report degli uffici studi. Tutto questo non può e non deve sostituire però la prima parte di indagine, quella che abbiamo descritto fino ad ora, perché nessuno ci conosce meglio di noi stessi.

Per avere un’idea di quanto siano rilevanti questi elementi nelle scelte di investimento, pensiamo a cosa succede se sbagliamo previsioni nei casi sopra evidenziati (a parte le valute per le quali il discorso è più complesso):

  • Se avevamo previsto un’inflazione in crescita e abbiamo comprato oro o metalli preziosi (o titoli ad essi correlati), certamente abbiamo perso perché in tempi di deflazione il prezzo dell’oro scende;
  • Se avevamo previsto tassi a lungo termine in calo e abbiamo comprato titoli di pari scadenza a tasso fisso, con i tassi lunga stabili o in crescita abbiamo certamente perso perché i prezzi di quei titoli, a parità di altre condizioni, sono diminuiti;
  • Se avevamo creduto al governo e previsto una forte ripresa comprando azioni di società nazionali, anche qui a parità del resto abbiamo certamente perso in termini di profitti (e quindi dividendi) di quelle aziende e del loro valore;
  • Se avevamo previsto ad esempio il settore finanziario in crescita e quello farmaceutico in calo, vendendo azioni di aziende biofarm e comprando azioni di banche, certamente avremo perso.

Certo, non è facile indovinare il futuro, occorrerebbero poteri divinatori che non sono probabilmente alla nostra portata. Ma con un po’ di attenzione e con i consulenti giusti, almeno le macro tendenze dovremmo essere in grado di inquadrarle, e di evitare così qualche bagno di sangue.

 

LA RISERVA DI LIQUIDITA’ E LA SOGLIA MINIMA DI INVESTIMENTO

Tutto il ragionamento che abbiamo fatto, e che stiamo facendo, ha un senso pratico solo se le risorse di cui disponiamo raggiungono almeno un certo livello, rispetto alla riserva che vogliamo tenere in forma liquida da avere sempre disponibile per fronteggiare imprevisti.

Dobbiamo infatti considerare i tagli minimi dei singoli titoli che possiamo comprare (in genere pari al valore nominare di 1.000 € per i titoli obbligazionari più diffusi, e a un pacchetto di azioni più o meno dello stesso importo), le spese di transazione (ovvero i costi bancari e le imposte di bollo) e la ritenuta fiscale del 26% sui redditi finanziari di ogni tipo. Specie in periodi come questo di tassi molto contenuti, risulta evidente che sotto i 10/15.000 € disponibili, la cosa più ragionevole è tenerli depositati in conti a vista presso banche o uffici postali, quando non “sotto il materasso”.

Se infatti fossimo talmente bravi o fortunati da far rendere il portafoglio il 5% (che possiamo considerare oggi un rendimento di tutto rispetto in assoluto), i nostri 15.000 € ne renderebbero 750 lorde all’anno, ovvero 555 netti che verrebbero pressoché azzerati dall’imposta di bollo e dalle spese bancarie per il dossier titoli, oltre alla tosatura subita per effetto della tassazione sulle transazioni finanziarie, la cosiddetta “Tobin tax” che l’Italia – fra i pochi paesi ad averla introdotta – applica su ogni movimento titoli a prescindere dal suo risultato.

Se quindi la somma di cui si può disporre è di poco superiore alla riserva di liquidità, meglio dedicarsi al problema di come guadagnare di più o di come spendere i pochi euro che residuano una volta assicurata la sopravvivenza

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Ci stiamo gradualmente avvicinando al momento in cui i nostri eroi Laura e Francesco (la giovane coppia di trentenni) e Lucio (il manager cinquantenne esodato), che abbiamo conosciuto nell’articolo precedente, potranno passare i primi ordini su titoli. Lo vedremo le prossime settimane.

 

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