PUNTO E A CAPO. BENTORNATA AMERICA

PUNTO E A CAPO. BENTORNATA AMERICA

Mer, 12/02/2020 - 18:44
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Gli USA torneranno a essere il luogo delle opportunità, dell’apertura e dell’ottimismo

Con l’elezione di Joe Biden alla Casa Bianca inizia una nuova epoca per gli Stati Uniti, in totale discontinuità con gli eccessi trumpiani che – almeno per molti osservatori europei – ne avevano esaltato gli aspetti più retrivi (“di pancia”, per così dire) e ne avevano oscurato quelli di apertura, ottimismo, progresso. Aspetti che per molti di noi hanno fatto dell’America un luogo ideale, di sogno e delle opportunità per tutti: la Camelot di kennedyana memoria.

.america

Quest’America ci era mancata. Il muro col Messico, il disinteresse per le questioni climatiche, il protezionismo, la chiusura ideale, l’elogio dell’ignoranza, in una criticabile interpretazione del mantra trumpiano “America first”, avevano fatto crollare un vero e proprio mito. E’ facile prevedere che con Biden tutto questo resterà un ricordo.

.muro col Messico

Ora il punto è: si tratterà di un semplice ritorno al passato o questi quattro anni lasceranno comunque una traccia indelebile? Ma soprattutto: il notevole sviluppo economico degli Stati Uniti di questo periodo e la formidabile crescita del suo mercato finanziario, dopo la grande crisi del 2008 e nonostante la pandemia, potrà continuare o siamo arrivati al capolinea?

L’era trumpiana non potrà essere cancellata con un semplice colpo di spugna, un rewind che possa far tornare al punto di partenza, un reset che consenta di ripartire tamquam non esset. Così come il corpo umano “ha memoria”e conserva il ricordo di malattie, traumi e infortuni accaduti nel corso della vita, anche il corpo sociale e politico di una nazione evolve per stadi successivi, a maggior ragione quando si verificano punti di rottura e di discontinuità, come certamente lo è stato il mandato di Donald Trump.

Tuttavia è ragionevole attendersi che il nuovo presidente voglia riportare gli USA, sia sul piano interno che soprattutto su quello internazionale, nell’alveo della storia di apertura, tolleranza e leadership democratica che dal kennedyano “I care” ci aveva portato a “yes I can” con il quale Obama – di cui Biden è stato vice – aveva dato nuove speranze a tutto il mondo. L’“America first” è l’esatto contrario di tutto questo ed ha condotto gli USA all’isolamento, al protezionismo, alla diffidenza e alla chiusura.

.care

Nessuno rimpiange il ruolo di gendarme della democrazia che gli Stati Uniti hanno svolto in passato con indebite intromissioni negli affari di politica interna di molti paesi e che ha portato a finanziare e sostenere regimi che di democratico avevano molto poco. Tuttavia l’abbandono della scena europea e mediorientale – per la verità iniziato con Obama – ha provocato non pochi problemi alla stabilità del pianeta, con il conseguente debordamento di Russia, Turchia, Cina e l’accensione di nuovi focolai.

L’aspetto che più preoccupa gli investitori è però quello economico. Dopo la grande crisi del 2007/2008, iniziata con il crollo di Lehman Brothers e durata quasi un decennio a livello globale, è stata proprio l’America a trainare e supportare la ripresa mondiale, facendo crescere domanda e produzione in modo formidabile e innescando un prolungato e intenso periodo di crescita dei mercati azionari in tutto il mondo.

Si deve riconoscere che questa ripresa è stata resa possibile proprio grazie alle politiche fortemente espansive sul piano fiscale e di bilancio intraprese da Trump e a quelle monetarie della Fed. Ci si chiede ora: cosa succederà con Biden all’economia USA e a quelle occidentali? Continuerà lo sviluppo oppure la pacchia è davvero finita?

Da questo punto di vista, in realtà, non dovremmo aspettarci grandi cambiamenti. E’ vero che la politica fiscale di Biden sarà certamente più restrittiva di quella trumpiana, ma questo sarà più che compensato dai colossali programmi di spesa e investimenti pubblici contenuti nel programma democratico, per cui l’effetto netto su reddito e produzione non ne verrà indebolito. Soprattutto continuerà a girare il principale motore della crescita di questi anni: la politica monetaria. Anzi, in tempi di resistenza alla pandemia, l’abbondanza di liquidità che i banchieri centrali continuano a riversare sui mercati crescerà ancora.

.alexandria ocasio-cortez

Fra le componenti che hanno sostenuto la corsa di Biden alla Casa Bianca, quella radicale – che comprende il vecchio leone Bernie Sanders ma anche l’astro nascente della politica USA Alexandria Ocasio-Cortez, ancora troppo giovane per poter puntare alla Casa Bianca – è molto sensibile alla nuova teoria monetaria, la MMT (“Modern Monetary Theory”). Uno dei punti cardine di questa teoria è il superamento del divorzio fra banca centrale e Tesoro[1], e in questo senso la nomina di Janet Yellen – ex Presidente della Fed a suo tempo silurata da Trump - al Tesoro da parte di Biden è un passo concreto per la sostanziale fusione delle due istituzioni.

.janet yellen

Non solo, ma la stessa Yellen si è più volte pubblicamente dichiarata a favore di misure straordinarie di sostegno per combattere il coronavirus.[2]

Salvo eventi imprevisti, peraltro sempre possibili in questa situazione di continua instabilità, il mercato azionario USA dovrebbe quindi mantenersi tonico almeno nei prossimi mesi, anche se è molto difficile che continui a crescere all’infinito. Non è quindi il caso di ripensare, almeno per il momento, al ruolo dell’azionario USA nelle asset allocation.

I tassi saranno ancora molto bassi e c’è da aspettarsi un ulteriore indebolimento del cambio del dollaro rispetto all’euro, come avevamo già previsto.

Bentornata, America.

 

 

 

 

 

[1] In passato vigeva il principio della completa identità di obiettivi fra banca centrale e tesoro, nel senso che qualunque fosse il fabbisogno della Pubblica Amministrazione, la banca centrale era disponibile a sottoscrivere tutti i titoli di Stato che – al fine di coprire tale fabbisogno – il Tesoro emetteva e che non trovavano autonomo accoglimento sul mercato. Negli anni ’70 questa pratica fu un forte acceleratore di inflazione, perché in pratica obbligava la Banca centrale a continue emissioni di moneta (come contropartita dell’acquisto dei titoli) che creavano appunto inflazione. Col “divorzio” il Tesoro era impegnato a emettere la quantità di Buoni del Tesoro che il mercato era disposto ad accettare, o a subire aumenti dei tassi di interesse, con conseguente ulteriore incremento della spesa pubblica.

[2] Oggi la Yellen è una grande sostenitrice della necessità di erogare sostegni economici straordinari, soprattutto alle famiglie, per contrastare gli effetti disastrosi del coronavirus. Sarà questa la sua prima battaglia in Congresso, visto che i repubblicani — che negli anni di Trump hanno tollerato la sua espansione senza limiti della spesa pubblica — già indicano di voler tornare alla vecchia linea del rigore fiscale. Da “Janet Yellen, prima donna al Tesoro dopo 231 anni: l’ex capa della Fed (non amata da Trump) ora dovrà battere la recessione” di Massimo Gaggi, su Corriere.it del 24/11/2020, cfr:

https://www.corriere.it/esteri/20_novembre_24/janet-yellen-tesoro-berke…