PAPI È MORTO, L’INFLAZIONE ANCORA NO

PAPI È MORTO, L’INFLAZIONE ANCORA NO

Gio, 06/15/2023 - 11:12
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Mentre da noi è in corso la santificazione dell’ex premier, negli USA il tycoon è alla sbarra

.trump

Settimana intensa questa, sia da noi in Italia che nei paesi normali. L’incriminazione di Donald Trump da parte della Procura Federale degli Stati Uniti con ben 37 capi d’accusa - che vanno dalla sottrazione di documenti riservati all’ostacolo alle indagini dell’FBI alle false dichiarazioni - è cosa ben diversa dallo stato di accusa di qualche mese fa, quella relativa all’impiego di fondi elettorali per convincere a non testimoniare contro di lui la pornostar con la quale aveva avuto una relazione.

In quel caso, infatti, era stata la Procura dello Stato di New York a portare il discusso tycoon alla sbarra. Oggi, per la prima volta nella storia a carico di un ex-Presidente, si tratta invece di un processo federale per imputazioni che a noi ingenui appaiono ben più gravi, in quanto i documenti trafugati erano considerati top secret e contenevano informazioni rilevanti per la sicurezza nazionale, quali piani di difesa strategici, procedure di emergenza, evidenze dei punti di debolezza nella difesa militare. Informazioni per di più messe allegramente a disposizione dei molti ospiti che in questi mesi sono transitati dalla principesca residenza di Mar-a-Lago in Florida, accatastati in bagni, salotti e corridoi in bella vista, come testimoniato dai filmati perfidamente diffusi dall’FBI.

.sbarra

Il biondo, discusso, ex Presidente e aspirante prossimo Presidente, deve disporre di avvocati geniali e super esperti per dimostrare la sua dichiarata non colpevolezza, in quanto per noi mortali, vedere le pile di scatoloni con la scritta “riservato”, “top secret” e “segreto militare” a casa sua, sarebbe abbastanza pacifico credere che il nostro li avesse presi e poi non li avesse restituiti. Del resto, come insegnava il degno predecessore Bill Clinton, si deve negare fino all’evidenza, e così sia.

Il bello è che mentre per l’accusa relativa alla pornostar la pena massima prevista è di 20 anni di reclusione, per ognuno dei 37 capi di imputazione attuale non si va oltre i 10 anni, a dimostrazione che nel paese ancora pervaso dal puritanesimo dei Pilgrim Fathers il dire bugie è considerato peccato più grave dell’alto tradimento, soprattutto quando contempla questioni di sesso.

.bugie

E quanto a bugie, con Trump siamo veramente di fronte a un maestro assoluto. Come nel saper volgere a proprio vantaggio elettorale un complesso di accuse così apparentemente gravi per un ex-Presidente, tanto che ancora oggi il biondo viene considerato di gran lunga il candidato più favorito per la nomination del Partito Repubblicano per le elezioni presidenziali del prossimo anno, nella singolare sfida fra vecchietti che lo opporrà all’ultraottantenne, instabile (nel senso che continua a cadere e inciampare) e non più lucidissimo Joe Biden.

La linea di difesa di Trump è che si tratta di accuse di matrice politica, mosse da giudici che, più che perseguire verità e giustizia, vogliono impedire al povero Donald di esercitare il suo sacro diritto di correre per le elezioni. Il procuratore che ha formulato l’accusa è stato graziosamente definito “un pazzo”, uno che lo odia e uno “strumento della sinistra radicale che ha l’obiettivo di fermarlo ad ogni costo”.

Del resto, anche dalle nostre parti, l’attitudine politica della magistratura è stata più volte oggetto di indignata reazione proprio da parte del neo-santificato Silvio Berlusconi, ma nel suo caso era sicuramente più giustificato, data la spettacolarizzazione impressa dalla Procura (l’avviso di garanzia del 1994 gli venne consegnato mentre era in corso un riunione del G7 a Napoli, regolarmente recapitato 8 ore prima al Corriere della Sera) e la numerosità delle accuse, molte delle quali sono poi decadute nei diversi gradi di giudizio. Difficile pensare a un analogo accanimento nei confronti del tycoon, che da parte sua ha invece definito “eroi” gli assalitori del Congresso.

.donnine

L’altra grande notizia della settimana è il dato che finalmente ufficializza un calo significativo dell’inflazione sia negli USA che in Europa, e che – almeno oltreoceano – ha portato una pausa temporanea della politica di continui aumenti dei tassi di interesse da parte delle autorità monetarie. Politica che comunque riprenderà portando almeno un paio di ritocchi da un quartino di punto da qui alla fine dell’anno. L’ultima, attesissima, rilevazione indica infatti un tasso del 4% su base annua: è vero che è ancora il doppio dell’obiettivo dichiarato del 2%, ma è anche vero che siamo ai livelli più bassi degli ultimi due anni.

Tuttavia, così come fummo i primi alla fine dello scorso anno a scrivere che l’inflazione aveva raggiunto il suo picco[1] (e in effetti da allora è sempre calata progressivamente fino al dato di questi giorni), oggi è necessario mettere in guardia contro facili e ingannevoli trionfalismi, perché non si tratta ancora di una sconfitta definitiva. Il mostro dell’aumento dei prezzi rialzerà purtroppo ancora la testa.

.falso

Due sono gli elementi che ci portano a prevedere un nuovo rialzo: da un lato il prezzo dei prodotti petroliferi – oggi incredibilmente basso – che è il principale artefice di questo calo dell’inflazione, ma che riprenderà inesorabilmente a salire non appena la Cina consoliderà e incrementerà la sua crescita economica ormai prossima; dall’altro l’inevitabile crescita dei salari, fino ad ora compressa ma che in condizioni di perdurante piena occupazione non potrà essere ancora bloccata per molto tempo.

In Cina, peraltro, le autorità monetarie hanno appena annunciato un taglio dei tassi di interesse e una politica espansiva per favorire la crescita del reddito, dopo il rallentamento dovuto al persistere della pandemia in molte regioni importanti.

Prepariamoci quindi a un altro bel periodo di instabilità dei mercati e non cantiamo ancora vittoria, specie in Europa dove l’inflazione è sensibilmente più elevata (in Germania è ancora superiore al 6%, da noi al 7%, solo in Spagna si è fermata al 3,2%).

 

[1] Si veda il nostro editoriale del 17711/2022 “All’alba del ventitre” in  https://www.marcoparlangeli.com/2022/11/13/allalba-del-ventitre