L’ECONOMIA A ROTOLI E IL RISPARMIO ALLE STELLE
Il paradosso del mondo post-Covid. Potrà durare?
In molti paesi l’economia ha recuperato, o è tornata abbastanza vicina, ai livelli pre-Covid; da noi invece il colpo è stato da k.o. e siamo ancora al tappeto: i tentativi di rialzarci – la cosiddetta resilienza – sono ancora piuttosto velleitari e, comunque, ampiamente inefficaci. La produzione è crollata, interi settori – un tempo trainanti – stanno sostanzialmente scomparendo (come il turismo), la disoccupazione è cresciuta notevolmente soprattutto per giovani e donne.
Tuttavia le statistiche evidenziano un forte incremento del risparmio di famiglie e imprese, che si traduce in saldi liquidi dei conti correnti che nel mese di gennaio – per le sole famiglie – si sono attestati oltre quota 1.100 miliardi, mai così tanti da quando esiste l’Euro. Nel terribile 2020 della pandemia, la liquidità delle famiglie è cresciuta di ben 75 miliardi, con un tasso di risparmio (il rapporto fra risorse risparmiate e reddito disponibile) ai livelli del dopoguerra.
Cosa sta succedendo? Il mondo va a rovescio o si sono modificati i fondamentali dell’economia? Per fortuna, niente di tutto questo. Vediamo di capirci un po’ di più.
L’aumento delle risorse liquide deriva esclusivamente dalla politica monetaria a livello europeo e ha una contropartita nell’aumento del debito pubblico (143 miliardi di deficit in più) deliberato dal Governo. In altri termini, disponiamo di maggiori risorse perché ci siamo indebitati. Se un giorno saremo chiamati a rimborsare questo debito, il relativo onere graverà sulle spalle delle generazioni future, rese fragili proprio dalla crisi economica e dalla mancanza di lavoro.
I nostri figli e i nostri nipoti, in altre parole, avranno lo sgradito compito di restituire il denaro che ora sta gonfiando i conti correnti dei fortunati percettori. Oltre che pagare le pensioni della maggioranza di anziani che avranno cessato la propria attività lavorativa, dovranno pensare anche a riequilibrare i bilanci pubblici; e tutto questo mentre – come abbiamo visto – il lavoro per loro sta scomparendo e la produzione arranca.
Non entriamo nel merito di come queste ingenti risorse sono state distribuite (tutto sicuramente criticabile, ma altrettanto sicuramente legittimo), ma vediamo perché, anziché entrare nel circuito produttivo e alimentare la ripresa del ciclo economico, sono finite a dormire sui conti bancari. Il reddito, come abbiamo visto fin dall’inizio dei nostri articoli (si veda “L’ABC dell’economia”), può essere consumato – cioè speso per acquistare beni di consumo -, investito – speso per effettuare investimenti da parte delle imprese o della pubblica amministrazione – oppure risparmiato.
Ebbene: consumi e investimenti da noi sono drasticamente diminuiti e per un mero effetto algebrico il risparmio sta aumentando. Si consuma di meno, sia per le limitazioni di movimento che per un accentuato senso di precarietà del futuro. Se non possiamo uscire di casa, certo non spendiamo per turismo o per acquistare vestiario, beni di lusso, automobili e così via; se temiamo per il futuro, la prima ovvia reazione è quella di accantonare riserve per i tempi grami.
Ma si investe anche molto meno: sono poche le imprese che, di fronte alla domanda calante dei clienti, decidono di scommettere su miglioramenti di prodotto o di processo, rinviando al futuro questo tipo di interventi. E le banche faticano a concedere credito, anzi se possono evitano del tutto di fare prestiti, perché le aziende sono più fragili ed esposte, quindi meno affidabili: anche i criteri di selezione imposti dalla vigilanza sugli istituti di credito si sono fatti molto più rigidi.
La distribuzione dei nuovi flussi di risparmio, come è intuibile, non è certo omogenea: aumenta fra gli anziani (le statistiche indicano una forte concentrazione nella fascia over-65) e crolla drasticamente fra i giovani. Ciò significa che la disuguaglianza sociale è in netta crescita: chi era ricco con la pandemia aumenta il proprio patrimonio; chi era povero, è ancora più povero. I vecchi stanno economicamente meglio, ma devono provvedere ai bisogni dei nipoti, che – estremizzando - se vogliono una casa devono abitare in quella dei genitori o dei nonni, se vogliono fare delle spese devono chiedere soldi a loro. Come faranno a pagare le pensioni ai retired, se non riescono neppure a mantenersi?
Abbiamo visto che la nuova moneta in circolazione finisce in gran parte nei conti correnti, ma questa può essere solo una destinazione “di transito”, non certo definitiva. Con tassi di interesse ancora molto bassi, tendenti a zero, trovare una sistemazione soddisfacente al risparmio è un bel terno al lotto. Di certo ci si tiene ben lontani dalle obbligazioni e, in genere, dagli investimenti molto rischiosi. Ecco perché, così come “tutte le volpi finiscono in pellicceria”, la gran parte di tutti i nuovi denari finisce in borsa, alimentando la crescita continua dei listini azionari.
Questa situazione è destinata prima o poi a finire, ma almeno per qualche mese dovrebbe continuare. Il vero e proprio elemento di rottura potrebbe essere l’aumento improvviso e intenso dell’inflazione (improbabile, anche se il trend è conclamato), la crescita dei tassi (di cui già si avvertono le prime avvisaglie), l’impennata del ciclo produttivo, magari alimentata dall’inflazione stessa. Oppure un altro choc esogeno, ad esempio la recrudescenza del virus o uno scandalo finanziario devastante[1] .
Ecco spiegato, a grandi linee, il paradosso che attualmente stiamo vivendo: l’economia va a rotoli e la borsa invece cresce.
[1] Si deve peraltro sottolineare che è molto aumentata la capacità del sistema di assorbire i colpi degli scandali finanziari, come è dimostrato dal recente “caso Archegos”, con il crollo di un grande fondo speculativo che operava sui derivati e che ha coinvolto istituzioni bancarie di primo livello mondiale. Per molto meno, qualche anno fa, si sarebbe originato un “effetto domino” travolgente.
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