NON SUCCEDE, MA SE SUCCEDE…
Il genio della finanza Warren Buffett liquida gran parte del portafoglio azionario
I fedeli lettori di questo sito sanno bene che negli ultimi 18/20 mesi abbiamo sempre consigliato di concentrare gli investimenti di portafoglio nell’asset class dell’azionario USA, e chi avesse seguito il nostro suggerimento certamente oggi potrebbe contare soddisfatto i propri guadagni.
Non solo: abbiamo anche scritto che ad oggi non esistono motivi per attendersi sostanziali scivoloni dei mercati finanziari. La politica monetaria della banca centrale USA (e anche delle altre autorità monetari) è ormai chiaramente orientata a un consistente ammorbidimento, dato che l’inflazione sembra tornata sotto controllo; l’economia tutto sommato regge con tassi di crescita del PIL intorno al 3% e disoccupazione ai minimi storici; le elezioni presidenziali sono trascorse con l’esito probabilmente preferito dagli operatori dei mercati.
È vero che la situazione geopolitica rischia di implodere da un momento all’altro, sia sul quadrante ucraino che su quello mediorientale, ma non siamo messi peggio di qualche mese o trimestre fa. E oltretutto sembrano (almeno per il momento) risolti i problemi di approvvigionamento delle materie prime che hanno colpito l’economia mondiale qualche tempo fa.
Sembra quindi che tutto vada al massimo per chi investe in azioni USA e che i risparmiatori possano dormire sonni tranquilli.
Tuttavia la notizia che Warren Buffett - probabilmente l’investitore di maggior successo al mondo tanto che è soprannominato “l’oracolo di Omaha” (la sua località di nascita, nel lontano 1930) – abbia dismesso gran parte del suo portafoglio azionario e stia di fatto liquidando gli investimenti in azioni a stelle e strisce, non può essere ignorata.
La sua holding di partecipazioni, attraverso la quale Buffett realizza gli acquisti sul mercato azionario, Berkshire Hathaway, vale oggi circa 1000 miliardi di dollari, e di questi ben 325 sono attualmente liquidi, sotto forma di investimenti in Treasury Bonds. Se consideriamo che la società ha avuto in questi ultimi anni performance mediamente superiori al 20% e i T Bond rendono circa il 4,25%, si capisce a che livello sia la preoccupazione sull’andamento dei mercati da parte del novantaquattrenne genio della finanza.
Risulta che abbia venduto quote importanti di Apple e Bank of America; e che abbia ridimensionato sostanzialmente o dismesso moltissime altre partecipazioni in blue chips: un’operazione che in passato, in misura così consistente, aveva effettuato pochissime altre volte, fra le quali celebre quella del 1969, alla vigilia di una forte crisi dei mercati. Buffett è sempre stato un forte sostenitore della “regola del compounding”, ovvero dell’interesse composto, secondo la quale il profitto veniva reinvestito nello stesso asset garantendo così un utile che nel tempo cresceva in modo esponenziale.
Il cosiddetto “indicatore Buffett”, un indice che mette in relazione le valutazioni di borsa in un dato momento con l’andamento dell’economia USA, e che è considerata la guida alla sua politica di investimento, sembrerebbe oggi oltre il doppio del valore considerato normale, evidenziando la presenza di una forte sopravvalutazione dei titoli azionari. In effetti, nell’ultimo anno, la Berkshire non ha proceduto – come era solita fare – ad acquistare azioni proprie, preferendo remunerare gli azionisti con i dividendi, e questo dimostrerebbe che Buffett considera troppo elevata anche la valutazione del suo stesso veicolo.
La diffusione del massiccio disimpegno di Buffett dal comparto azionario USA è stata accolta con molta preoccupazione da parte degli osservatori più attenti, considerando che molti usano replicare in proprio le strategie dell’oracolo. Ci si chiede che cosa Buffett sappia in più del mercato, o quali considerazioni lo portino ad elaborare una prospettiva così negativa.
La prima domanda è ovviamente destinata a restare senza risposta: è presumibile che il Nostro riesca a ottenere informazioni più accurate e più tempestive rispetto al resto del mercato, data la sua posizione preminente, anche se il rischio di incorrere in ipotesi di insider trading gli farà sempre negare qualsiasi privilegio informativo.
Sulla seconda domanda, invece, possiamo avanzare qualche ipotesi razionale. Per ottenere i rendimenti a cui è abituato (come si diceva, intorno al 20%), le attuali valutazioni di mercato sono decisamente troppo elevate. Solo comprando a prezzi bassi titoli che poi sovraperformano, si può arrivare a tanto; ma evidentemente oggi non esistono sul mercato target di quel genere, se è vero, ad esempio, che Goldman Sachs ha pubblicato un’analisi nella quale prevede che il rendimento dell’indice Standard&Poor500 (che sintetizza l’andamento delle prime 500 società USA per capitalizzazione) nel prossimo decennio sarà mediamente del 3% all’anno.
È quindi ben possibile che Buffett conti di rientrare sul mercato dopo qualche bello scossone, che gli consenta di fare acquisti a prezzi stracciati, magari contando sul panico degli investitori, e che l’attuale strategia punti solo a precostituirsi un’idonea riserva di liquidità da reimpiegare.
Ma è anche possibile che, sulla base della sua esperienza, egli ritenga che siamo arrivati ormai al capolinea e che un crollo generalizzato – dopo uno dei più lunghi periodi di crescita dei prezzi della storia e dati gli attuali livelli di ipervalutazione di tutti i titoli – sia ormai dietro l’angolo. Potrebbe anche trattarsi di una mera considerazione statistica, dato che il mercato non può crescere all’infinito. Ma non è da escludere un vero e proprio crollo del sistema, spinto anche dalla situazione geopolitica che potrebbe precipitare da un momento all’altro.
Farsi prendere dal panico non è certo una buona idea, ma anche ignorare totalmente questo tipo di segnali non sarebbe saggio. La cosa più razionale sarebbe quindi quella di rientrare gradualmente dall’esposizione azionaria, prendendo i benefici fino ad ora maturati, anche se resta l’incognita di trovare nuovi investimenti alternativi che consentano al portafoglio di realizzare performance soddisfacenti, tanto più in un momento in cui la l’inflazione – sotto la spinta della politica economica di Trump – potrebbe ben presto rialzare la testa. In tal caso la liquidità tornerebbe ad essere fortemente penalizzata.
Dato che anche per l’azionario Europa non si prevedono tempi favorevoli, e l’obbligazionario (specie a lunga scadenza) non è ancora consigliabile, si potrebbe spostare un po’ di liquidità sui mercati asiatici (la Cina sembra ben posizionata sulla via dello sviluppo), e sulle commodities, in primo luogo il petrolio, ma anche l’oro, una volta che l’attuale discesa (che riteniamo temporanea) abbia raggiunto il suo minimo di periodo.
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