FRA MELONI E COCOMERI: ITALIA ALLA FRUTTA

FRA MELONI E COCOMERI: ITALIA ALLA FRUTTA

Mer, 08/03/2022 - 09:58
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Cosa succederà col Governo Meloni, prima donna premier della storia nazionale

.meloni

La prossima tornata elettorale del 25 settembre porterà di nuovo il Centro Destra a vincere la competizione elettorale e, inizialmente, a governare il paese, come già successo diverse volte nella “seconda Repubblica” a partire da Berlusconi con il Polo delle Libertà nel 1994 e, successivamente, fino al 2018, con la coalizione giallo-verde di Lega e Cinque stelle e il primo Governo Conte.

Con l’attuale sistema elettorale (il famigerato ma già sperimentato Rosatellum), i 3/8 dei seggi parlamentari vengono attribuiti sulla base di collegi uninominali e solo i 5/8 col metodo proporzionale. Inoltre, alla coalizione che ottiene almeno il 40% dei voti viene attribuito un premio di maggioranza che le consente di avere almeno il 60% dei seggi.

Mentre nel Centro Destra è scontato (perché è nel chiaro interesse di tutti) che si finalizzi una coalizione, dopo aver concordato la spartizione di seggi e poltrone col bilancino, nel Centro Sinistra questo sarà molto difficile a meno che il buon Letta non metta insieme al PD, oltre ai 5 Stelle (che darebbe vita al cosiddetto “cocomero” rosso-verde, ma che al momento egli esclude decisamente), tutti i satelliti che in questi anni si sono formati, oltre alla formazione di Carlo Calenda con la quale ha già trovato un’intesa.

Inoltre, gli umori del paese sembrano chiaramente orientati a favorire un ricambio, così come si percepiva al momento in cui Berlusconi “scese in campo” nel 1994.

.elezioni

Se le cose non cambiano nel prossimo mese, sia negli equilibri politici che nelle preferenze espresse dai sondaggi, Giorgia Meloni sarà quindi il prossimo premier, primo Presidente del Consiglio donna nella storia d’Italia.

Se guardiamo a cosa è concretamente successo nella politica italiana quando il Centro Destra ha vinto le elezioni in passato, obiettivamente non ci sono motivi per nutrire particolari preoccupazioni, salvo che non si ritenga il partito della Meloni potenzialmente eversivo. Gli altri partiti della coalizione, infatti, hanno tutti avuto precedenti esperienze di governo e la democrazia non ha mai traballato, grazie soprattutto alla consolidata e stabile garanzia fornita dal nostro assetto istituzionale.

Non solo, ma ci sono tutti i presupposti per ritenere che – almeno fino alla fine dell’anno – la forza inerziale del sistema uscito dalla cura Draghi e, in primo luogo, l’afflusso delle risorse del PNRR proceda tranquillamente assicurandoci che il lavoro fatto non verrà smantellato.

.draghi

Stando ai dati di statistica economica pubblicati qualche giorno fa dall’Istat, l’Italia sta infatti vivendo un periodo sorprendentemente positivo, molto migliore delle previsioni a suo tempo formulate anche dallo stesso governo col DEF. Il PIL è cresciuto nell’ultimo trimestre dell’1% e rispetto allo scorso anno nello stesso periodo del 4,6%: molto più di Francia, Germania e Inghilterra e più o meno come la Spagna. Il recupero in termini produttivi dello shock da pandemia viene ora considerato completato.

Anche i mercati e lo spread, dopo un primo brevissimo sbandamento, hanno assorbito bene il colpo della caduta del governo Draghi, sia a livello dei prezzi degli asset finanziari (azioni e obbligazioni) sia di tenuta dello spread.

.scudo

Da questo punto di vista, è importante anche lo strumento messo a punto dalla Banca Centrale Europea, il TPI, cosiddetto “scudo antispread”, finalizzato a proprio a contenere allargamenti indesiderati.

Viene da pensare che, per difendere tassi e valuta, a Draghi bastarono tre paroline (whatever it takes, ormai diventate leggenda), mentre alla Lagarde è stato necessario inventarsi un nuovo strumento, la cui funzionalità è tutta da verificare.

A questo proposito, bisogna dire che l’attivazione del TPI è subordinata a due condizioni importanti: che il paese da difendere abbia rispettato le direttive in materia di controllo di bilancio pubblico, fiscalità e concorrenza e che lo squilibrio non dipenda da scelte di politica interna ma da contingenze esogene di mercato. E anche questo contribuisce a rafforzare l’aspettativa che il governo nazionale prossimo venturo non prenda derive incostituzionali.

Siamo quindi convinti che dalle elezioni politiche non ci siano motivi di preoccupazione particolari per la tenuta democratica del paese e il collocamento nell’area atlantica. Tutto sommato anche i fondamentali economici aiuteranno all’inizio la nuova compagine governativa: della produzione abbiamo detto e anche l’inflazione – raggiunto il picco del 10% - tornerà a stabilizzarsi. Ci sono quindi tutti i presupposti perché la consueta “luna di miele” col nuovo governo dia una mano a chi si insedierà a Palazzo Chigi, almeno fino a fine anno.

I problemi, semmai, arriveranno l’anno prossimo, quando la spinta attuale si sarà esaurita e potranno cominciare a vedersi gli effetti delle politiche restrittive delle banche centrali (lotta all’inflazione, tassi in aumento e riduzione della moneta in circolazione).

.europa

In quella fase, l’Italia non potrà fare a meno del sostegno attivo dell’Unione Europea e un governo decisamente orientato al sovranismo e all’euro-scetticismo certamente non sarà il miglior viatico per ottenere questo sostegno. Sia chiaro: non vediamo all’orizzonte rischi concreti di uscita dall’Euro o di rottura con Bruxelles (del resto lo stesso Orban in Ungheria, - capofila del partito dei sovranisti a cui Fratelli d’Italia ha più volte fatto capire di ispirarsi – si guarda bene dal voler uscire).

Ma mentre prima potevamo contare su un campione di autorevolezza e affidabilità quale Mario Draghi, da qui in avanti dovremo lottare col coltello fra i denti con i competitors sia a Bruxelles che a Francoforte. E non è detto che non ce la facciano pagare.