NON DISTURBATE IL MANOVRATORE

NON DISTURBATE IL MANOVRATORE

Mer, 04/28/2021 - 19:52
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Sarebbe un errore imperdonabile candidare Draghi al Quirinale

.draghi

Sembra passato un secolo da quando gli Olandesi e gli altri “frugali” tenevano sotto scacco l’avvocato degli Italiani, dettando sadicamente le modalità di accesso al programma “Next Generation UE”. Oggi la telefonata con le istruzioni per l’uso sui fondi comunitari parte da Roma per Berlino, e la garanzia personale del premier prevale sui bizantinismi burocratici.

Non che il nostro paese abbia magicamente risolto tutti i suoi problemi, che sono strutturali e in gran parte insolubili, né che “l’uomo solo al comando” sia infallibile e onnipotente, sia chiaro. Anzi, in alcuni casi – come nel piano della vaccinazione di massa – la delusione è piuttosto diffusa, nonostante l’impiego dell’esercito e una disponibilità di mezzi praticamente illimitata.

E’ però innegabile che siamo tornati a giocare in Champion’s League, mentre fino a poche settimane fa ci affannavamo nei campetti di Lega Pro.

.champions league

Una serie di concause ha oggettivamente favorito l’ascesa di Draghi, sia in Italia che in Europa. Da noi il quadro politico frammentario, con le palesi difficoltà del partito di maggioranza relativa (il Movimento 5 Stelle), della Lega (in crisi di consensi) e del Partito Democratico, passato da poco attraverso un rilevante cambio di leadership.

In Europa, d’altra parte, il mandato di Angela Merkel è in articulo mortis, e non è stato ancora individuato un degno successore, tanto che si parla di un rientro in auge dei gruenen; in Francia Macron sta incontrando – come trascinamento delle proteste dei gilét gialli – un significativo calo dei popolarità e la Spagna pure stenta a riprendersi dalla crisi post-pandemica. L’Unione Europea, da parte sua, ha sì recuperato un ruolo di regìa e coordinamento ma ha evidenziato anche incertezze nella gestione dei contratti con le big pharma e resta clamorosamente assente dagli scenari più caldi della politica estera, Ucraina, Libia e rapporto con il gigante russo.

.gilet gialli

In questo vuoto pneumatico di leadership e autorevolezza, l’esperienza e il network di Mario Draghi hanno avuto buon gioco a posizionarsi a centro area e a recuperare ampia credibilità per il nostro paese.

 Il che ha portato, addirittura in anticipo rispetto alla scadenza che incombeva minacciosa sul Conte 2, ad approvare con larga e convinta maggioranza il nostro programma sul Recovery Plan e a inviarlo a destinazione.

Dovremmo quindi aver risolto il problema della reperibilità delle risorse economiche per superare questa fase, mentre siamo ancora immersi totalmente in quello della vaccinazione di massa, che consentirebbe un recupero stabile e una crescita di lunga durata su basi solide. Come dire: abbiamo brillantemente superato l’emergenza, ma per le cause di fondo dobbiamo ancora attrezzarci.

Un anno (fino ad ora, almeno) di pandemia lascerà tracce profonde sul nostro sistema economico e produttivo, e la rinascita va governata con mano ferma, perché non potremo contare sull’inerzia della ripartenza, come se – chiusa la parentesi del virus – si potesse riprendere dal punto in cui eravamo arrivati. Interi settori produttivi andranno ripensati, molti scompariranno del tutto, così come molte aziende. Dovrà essere ricostruita, su basi più ampie, l’intera infrastruttura digitale e delle comunicazioni, necessaria per lo smart working, la didattica a distanza (che purtroppo non potrà scomparire), l’e-commerce. Sperando che la lezione sia servita, dovrà essere fortemente incentivata la ricerca scientifica e la sanità.

La resilienza, parola che va molto di moda ma che non significa altro che “rimbalzo”, potrà contare su grandi disponibilità finanziarie, come avvenne nel dopoguerra col piano Marshall. A differenza di allora, però, questa volta si tratta di risorse acquisite a debito, e non regalate come lo furono i dollari USA del tempo. Pertanto, in un modo o nell’altro, questi denari andranno restituiti. Per questo Draghi ha parlato di “debito buono” - intendendo quello finalizzato all’investimento, e quindi alla creazione di ricchezza, dalla quale potranno derivare le risorse per il rimborso – in contrapposizione al “debito cattivo”, quello che si disperde in mille rivoli di spesa improduttiva e ci lascia esattamente nello stesso punto.

In questo processo un ruolo decisivo potrà essere svolto dalle banche, alle quali spetterà il compito di selezionare aziende e progetti e di accompagnare e sostenere quelli validi, anche se inizialmente sprovvisti di garanzie patrimoniali. Chi meglio di Draghi, che è stato banchiere centrale nazionale (Governatore della Banca d’Italia) e europeo (Presidente della BCE), potrà guidare con azione illuminata questo processo?

.orto

Il compito di Supermario, quindi, è tutt’altro che concluso; anzi possiamo dire che, per quanto riguarda gli aspetti strutturali e di sistema, non è ancora neanche incominciato. Come Cincinnato ai tempi dell’antica Roma, il suo public service non è ancora terminato ed è lontano il momento in cui potrà tornare a coltivare l’orto di casa.

L’errore più grande che la classe politica potrebbe fare oggi sarebbe quindi quello di pensare a Draghi quale prossimo Presidente della Repubblica, poiché il mandato di Sergio Mattarella scade a fine gennaio 2022 e a brevissimo inizieranno le danze per trovargli un successore. A luglio inizierà il semestre bianco (durante il quale le Camere non possono essere sciolte) e se a qualcuno venisse la pessima idea di candidare Draghi al Quirinale, di fatto si entrerebbe fin d’ora in piena paralisi istituzionale e governativa, pregiudicando tutto quello che di buono è stato fatto e impostato.

Non scherziamo: Draghi sta bene dove sta; non è proprio il caso di disturbare il manovratore, altrimenti il rischio di schiantarsi contro un muro diventerebbe molto molto reale.

.manovratore