SDOGANATI (ALMENO IN PARTE) I BITCOIN

SDOGANATI (ALMENO IN PARTE) I BITCOIN

Mar, 01/16/2024 - 17:19
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LA SEC APPROVA GLI ETF CON SOTTOSTANTE BITCOIN

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I nostri lettori si tranquillizzino: non abbiamo cambiato idea sulle criptovalute, né riteniamo che acquistare ora Bitcoin o simili a titolo di investimento sia diventato privo di rischi o, quanto meno, possa presentare un livello di rischio analogo a quello di altre più tradizionali tipologie di impieghi.

Tuttavia, dalla scorsa settimana, è intervenuto un fatto nuovo di cui è necessario dare conto: la Securities Exchange Commission (la famosa SEC, autorità di vigilanza sui mercati finanziari statunitensi) ha dato il via libera – in contemporanea – alle prime 11 domande di quotazione di ETF “fisico” (ovvero garantito da collaterale che l’emittente deve detenere) sul prezzo “spot” (cioè a pronti, di mercato) del Bitcoin.

Vediamo intanto di cosa si tratta, cercando di capire come questa notizia possa influire sul discusso (e discutibile) mercato delle criptovalute.

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L’ETF è uno strumento ormai ampiamente diffuso anche nei portafogli degli investitori retail, ovvero di quelli non professionali. Si tratta di un fondo di investimento a gestione passiva, ovvero che replica in modo automatico (quindi senza interventi da parte del gestore) l’andamento del prezzo di una determinata attività, che sia un titolo azionario (o un paniere di titoli azionari), un valuta, una commodity, ad esempio l’oro o, come in questo caso, il Bitcoin.

Per l’investitore si tratta di un titolo che consente di acquisire esposizione (e quindi di vedere incrementato il valore del proprio investimento) se il prezzo dell’attività sottostante cresce, restando viceversa esposto a perdite di valore se il prezzo diminuisce. Ne abbiamo parlato a più riprese e lo abbiamo considerato una valida opzione per diversificare il portafoglio senza impiegare rilevanti quantità di denaro sui singoli titoli.

Se infatti il nostro investitore dovesse nutrire un’aspettativa di rivalutazione per un determinato settore (supponiamo, ad esempio, i titoli tecnologici USA), acquistando un ETF sull’indice Nasdaq potrebbe avvantaggiarsi nel caso di una performance effettivamente positiva di quel settore, senza dover necessariamente acquistare, nelle stesse proporzioni dell’indice, tutti i titoli che lo compongono. Oppure, se pensasse che il prezzo dell’oro è destinato a salire, potrebbe semplicemente investire in un ETF sull’oro anziché doversi comprare i lingotti del prezioso metallo, con tutte le difficoltà annesse e connesse.

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Esistono anche ETF a leva, in cui l’effetto di replica della performance è amplificato dalla leva che consente di ottenere un incremento di valore pari a 2, 3 volte (o anche più) l’incremento di valore del titolo o dei titoli sottostanti. Ed esistono EFT “short”, che guadagnano se la performance dell’attività sottostante è negativa. Ma restiamo al caso base, per capire come funzioneranno i primi 11 ETF quotati sulle criptovalute.

Si tratta di derivati (per ora) solo “long”, ovvero il cui valore cresce al crescere del prezzo del Bitcoin, e “fisici”, ovvero che sono garantiti da una riserva di sottostante (Bitcoin) detenuta dall’emittente e proporzionale all’entità dell’emissione. Questi due accorgimenti sono finalizzati a rendere meno volatile e pericoloso per l’investitore l’ETF, ma si può scommettere che, una volta che il mercato si sia consolidato, assisteremo anche al lancio di prodotti “short”, a leva e senza collaterale.

Il primo effetto di questa decisione della SEC sarà certamente un’impennata del prezzo dei Bitcoin, in quanto da un lato gli emittenti dovranno rifornirsi di collaterale andando ad acquistarlo sul mercato (col risultato di farne crescere la domanda e quindi il prezzo); dall’altro molti che in precedenza si tenevano lontani dal mercato delle criptovalute, ora vi si avvicineranno e faranno crescere i flussi scambiati.

La stessa cosa successe nel 2004 quando vennero introdotti i primi ETF sull’oro: il mercato passò in pochi anni da 1.000/2.000 miliardi di dollari di capitalizzazione a ben 16.000 miliardi di dollari.

Si tratta quindi di una novità di estrema rilevanza per questo settore, il cui impatto sarà verosimilmente molto importante. Ma possiamo per questo ritenere superate le perplessità che avevamo rappresentato in precedenza[1] sulle criptovalute come possibile asset su cui investire?

Sicuramente no, perché avevamo detto che per avere almeno una minima sicurezza su questo strumento sarebbe stato necessario che le banche centrali iniziassero a emettere e a esercitare gli usuali controlli su questo tipo di valuta, che avrebbe potuto così avere corso legale ed essere pertanto utilizzata come forma di pagamento riconosciuta ed accettata. Siamo ancora evidentemente lontani da questo punto, ma non va sottovalutata la possibilità di acquisire ora strumenti emessi da tutti i principali gestori del mondo (a cominciare da Black Rock, la prima casa di investimento del mondo con una massa gestita di oltre 10.000 miliardi di dollari), soggetti a loro volta vigilati dalle autorità di supervisione dei mercati.

.rischio

Una situazione ben diversa rispetto a quella in cui si sottoscrivevano criptovalute attraverso soggetti non conosciuti, situati nei più improbabili paradisi fiscali del mondo, col rischio di non ritrovarle più su Internet senza sapere a chi rivolgersi.

In conclusione, restiamo molto scettici sulla bontà del Bitcoin o di altri strumenti analoghi come forme di investimento, ma ora chi proprio volesse partecipare al prevedibile incremento di questo mercato nel 2024, potrebbe valutare l’impiego di una (auspicabilmente contenuta) parte del proprio patrimonio in questi nuovi ETF.

 

 

 

 

 

 

[1] Si veda, a questo proposito, il nostro editoriale “Attenti al Bitcoin” da ultimo in   https://www.marcoparlangeli.com/2020/11/25/attenti-ai-bitcoin