IL PERSONAGGIO DELL’ANNO
Molto discusso, molto amato e molto odiato: non può che essere Donald Trump il personaggio del 2025

Può rimanere simpatico o essere detestato (e chi scrive si riconosce in questo secondo giudizio), ma nessuno può ragionevolmente dubitare che il personaggio dell’anno di questo 2025 che sta volgendo al termine, insieme al primo quarto di secolo, sia stato Donald Trump.
Una manna per i vignettisti e i disegnatori satirici, ma una vera disgrazia per i suoi connazionali e, in misura non necessariamente inferiore, per molti altri cittadini del mondo. E comunque ha portato sulla scena politica mondiale una serie di novità che hanno esercitato forte influenza, peraltro non sempre negativa.
Può essere allora interessante cercare di capire cosa ha portato di nuovo la “rivoluzione Maga”, cosa comporterà in via diretta o indiretta sulla politica e sull’economia, e cosa ne resterà in futuro. A costo di schematizzare, possiamo suddividere gli effetti in tre macrocategorie: effetti sulla politica mondiale; effetti sull’economia mondiale; effetti interni (con ricadute globali).
In merito alla politica mondiale, il primo importante effetto di Trump è stato quello di indebolire pesantemente le alleanze tradizionali (Nato, Unione Europea, G7) col risultato di ridurre la coesione del fronte occidentale rispetto al passato
Altro effetto evidente è il rafforzamento dei movimenti populisti, anti-establishment, antiglobalizzazione e nazionalisti in Europa, America Latina e Asia radicalizzando e polarizzando il dibattito politico.
Ha impostato su nuovi presupposti i rapporti i con le altre grandi potenze (Russia, Cina, India) e con i leader autoritari (Putin, Xi Jinping, Kim Jong-un) di fatto legittimandoli nei comportamenti illiberali.
Infine, altro aspetto rilevante è stato il ritiro (o il forte ridimensionamento del relativo appoggio economico) dagli accordi internazionali a cui gli Stati Uniti avevano in passato aderito con gli alleati occidentali: accordo sul clima di Parigi, accordo sul nucleare iraniano, Consiglio ONU per i diritti umani e accordi commerciali multilaterali (TPP), OMS.

Per quanto riguarda l’economia mondiale, Trump ha avviato la più ampia guerra commerciale dagli anni ’30, imponendo dazi su centinaia di miliardi di importazioni, in primo luogo cinesi ma anche da tutti i partner commerciali.
Questo ha portato: tensioni nelle filiere globali; aumento dei costi per imprese e consumatori; una progressiva riconfigurazione delle supply chain, con spostamenti produttivi verso gli stessi Stati Uniti, Vietnam, Messico e altri paesi. C’è da dire che molto spesso Trump ha usato la minaccia (o la dichiarazione) di imporre i dazi per finalità prettamente politiche, come strumento di pressione per ottenere vantaggi di tipo diverso; e che alla fine molte delle misure paventate sono state applicate in modo ridotto o non applicate affatto. Anche perché ci sono perplessità diffuse, nella magistratura USA, sulla legittimità di questi “ordini esecutivi” presidenziali in materia che dovrebbe essere di ordinaria competenza del Congresso, atti che per l’ordinamento statunitense possono essere consentiti al Presidente solo in caso di urgenza e di inderogabile tutella della sicurezza nazionale. Di sicuro ci sarà molto da lavorare per gli avvocati.
Della politica economica e fiscale, la cosiddetta trumpnomics, abbiamo parlato spesso e continueremo a farlo, come pure dell’andamento dei mercati e dei fondamentali economici, in entrambi i casi – almeno fino ad ora – sicuramente positivi e orientati alla crescita. Lo stesso si può dire del trend del dollaro, che si è indebolito come Trump voleva, e dei tassi di interesse, per i quali si è dato vita a un forte e inedito contrasto fra la Casa Bianca e il Presidente della Fed Powell, accusato di essere troppo rigido e di impedire l’auspicato percorso di riduzione dei tassi di interesse.

Un accenno alla politica energetica, dichiaratamente e convintamente pro-fossili, tutelando gli interessi dei produttori che sono stati fra i maggiori finanziatori di Trump in campagna elettorale, la conseguente deregolamentazione aggressiva e il rilancio dell’industria petrolifera e del gas. Questo ha provocato aumento della produzione USA (che ora è diventato il maggior produttore di gas naturale del mondo), instabilità dei prezzi oltre che – come già detto - rallentamento degli impegni climatici internazionali.
Infine, va sottolineata la volatilità e l’instabilità dei mercati finanziari, ovviamente molto sensibili alle dichiarazioni e ai post presidenziali, che il biondo ha prodotto in quantità seriale.

Nella politica interna, infine, da sottolineare l’estrema polarizzazione del panorama interno, a partire dall’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, per il quale Trump è riuscito a far evitare le condanne a quelli che li hanno organizzati e posti in essere, e il conflitto istituzionale con la magistratura, che ha portato ad effettuare nomine che gli hanno garantito la maggioranza in Corte Suprema. Di fatto, la politica trumpiana ha suscitato, soprattutto all’estero, giustificati dubbi sulla tenuta dell’ordinamento democratico, la cui capacità di resistere ai colpi d’ariete di matrice autoritaria è stata messa a dura prova, e non è affatto detto che riesca a sopravvivere.
Di certo uno dei presidenti USA più discussi della storia, il ciclone Trump ha cambiato radicalmente non solo la politica e l’economia interne, ma anche il modo di stare sulla scena pubblica e di comportarsi in pubblico.
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