Pillole di Finanza: gli indici delle azioni
Quando vogliamo scegliere un titolo azionario in cui investire, dopo avere esaminato andamento e prospettive del settore, è utile farsi un’idea del ‘valore equo’ del titolo (quello che gli analisti definiscono target price), ovvero del valore che può rappresentare un prezzo di equilibrio rispetto all’andamento dell’azienda. Vediamo di spiegarci meglio.
La teoria ritiene che il corso di un’azione (il prezzo esposto sul listino) debba tendere verso il valore dell’azienda. Ovvero, sempre in teoria, debba prima o poi riflettere il valore attuale dei dividendi futuri che verranno distribuiti.
Senza addentrarci troppo in tecnicismi, cerchiamo di capire se il prezzo in un certo momento può riflettere o meno il valore effettivo: se se ne discosta In genere a questo proposito si considerano due indici, entrambi riportati dagli analisti: il price to earnings (P/E, rapporto fra prezzo e utili) e il price to book value (P/BV, prezzo su valore di libro).
Il primo é un indice che rapporta il corso del titolo agli utili di bilancio di quella società in un certo esercizio (in genere quello in corso e quello successivo) ed esprime il numero di anni in cui il prezzo del titolo viene ripagato dagli utili conseguiti dalla società. Quindi, ad esempio, un rapporto P/E di 10 significa che occorrono 10 anni affinché la somma degli utili lordi generati dalla gestione aziendale sia uguale al corso del titolo.
Il secondo indice esprime invece un rapporto fra valore di mercato e patrimonio netto della società: quanto più é maggiore di 1, tanto maggiore é l’”avviamento” dell’azienda, quanto piú é vicino a 0 tanto meno il valore della società comprende almeno il valore contabile del capitale proprio.
A questi indici non deve essere attribuito un valore assoluto, quanto piuttosto un termine di confronto con le altre aziende dello stesso settore. Se il valore medio del P/E di un certo settore é 10, e il nostro titolo presenta 15, molto probabilmente si tratterà di un titolo sopravvalutato e quindi più caro della media. Lo stesso se, a fronte di un P/BV medio ad esempio di 1,50, abbiamo un titolo che presenta 2. In entrambi i casi, a parità di altre circostanze, é ragionevole aspettarsi che i prezzi possano allinearsi a quelli medi di settore, e quindi diminuire.
Un ultimo indice interessante é il cosiddetto dividend yield (rapporto percentuale fra dividendo e prezzo ed esprime la redditività per il solo effetto del dividendo lordo. Un titolo quotato 10 che distribuirà un dividendo di 1 per azione, ha una redditività lorda del dividendo del 10%. Il dividendo dipende sia dai risultati gestionali (l’utile conseguito), sia dalle politiche di bilancio della società in merito alla ripartizione dell’utile fra dividendo e riserve. Il titolo di una società che distribuisce pochi dividendi ma fa molti utili utili, sicuramente aumenterà di valore nel tempo. Dato un certo livello di utile, la preferenza fra reddito immediato (dividendo) e reddito differito varia da investitore a investitore.
Volendo trarre una conclusione, molto approssimativa ma certamente non sbagliata, di quanto abbiamo detto, possiamo intanto ribadire che è bene investire in società che si ritengono solide e in sviluppo. Se così é, le oscillazioni del titolo dovrebbero essere riassorbite e se il mercato funziona possiamo aspettarci un incremento di valore. É quindi consigliabile farsi un’idea delle prospettive del settore e della singola azienda prima di impiegarci denaro, e non lasciarsi ingannare da movimenti puramente speculativi, che prima o poi sono destinati a sgonfiarsi.
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