Dopo aver parlato del futuro delle banche nel sistema e, in particolare, nel nostro paese, facciamo un passo indietro nella logica di esplorare i fondamenti della finanza. Se l’attività economica è quella con la quale si crea e si distribuisce la ricchezza, come possiamo definire l’attività finanziaria? E ancora: potremmo prevedere un mondo senza banche? E sarebbe migliore o peggiore di quello in cui viviamo?
Alla seconda domanda abbiamo già risposto indirettamente nell’articolo della settimana scorsa
https://marcoparlangeli.com/2020/06/02/banco-vince-banco-perde-labc-delleconomia-e-della-finanza/
dove abbiamo visto che la banca del futuro sarà molto diversa da quella che abbiamo conosciuto finora, più leggera di capitale “fisico” e umano, ma più pesante di capitale finanziario – per poter fronteggiare il peggioramento della qualità del credito – e di tecnologia; sarà una banca digitale e necessariamente con grandi volumi d’affari per abbattere i costi unitari compressi dalla concorrenza.
Ma qual è la funzione delle banche, e più in generale degli “intermediari finanziari” nel sistema capitalistico? Per capirla, bisogna introdurre un nuovo concetto, quello delle unità in surplus e delle unità in deficit. Le prime sono quelle che dispongono di più risorse rispetto a quelle necessarie per la soddisfazione immediata dei bisogni; le seconde che non ne hanno a sufficienza. Per risorse si intendono ovviamente quelle finanziarie: il denaro e suoi derivati.
Tipicamente le unità in surplus sono le famiglie; quelle in deficit le imprese e la Pubblica Amministrazione: le prime sono quelle che risparmiano; le seconde quelle che investono. Abbiamo visto nei capitoli iniziali che consumo, risparmio e investimento sono le funzioni di base del sistema economico e che la moneta è il trait d’union fra le tre funzioni.
Quanto migliore, più fluido ed efficiente è lo scambio fra le tre funzioni, tanto più produttivo sarà l’uso delle risorse. E la funzione degli intermediari creditizi – e in primo luogo delle banche – è proprio quella di agevolare il trasferimento di mezzi finanziari fra le unità in surplus e le unità in deficit.
Facciamo un semplice esempio. Un’azienda di produzione, ad esempio una fabbrica di auto, ha bisogno di acquistare un nuovo macchinario molto costoso ma che consentirà di aumentare il numero di auto prodotte e potrà essere utilizzato per dieci anni. L’azienda va bene, guadagna e non ha problemi, ma non ha disponibili le risorse che consentirebbero l’acquisto del macchinario. Una volta inserita nel processo produttivo, la macchina genererà nuova ricchezza perché consentirà di vendere di più per 10 anni, e presumibilmente in 4/5 anni si ripagherà da sola.
La cosa da fare è quindi quella di far arrivare all’azienda i risparmi di coloro che, per un periodo di almeno 10 anni, ritengono di non averne bisogno. Piuttosto che tenere i soldi fermi, potrebbero prestarli all’azienda che è in grado di “far lavorare” in modo produttivo quel denaro, e che potrebbe retrocedere ai risparmiatori una parte della ricchezza generata con quel denaro.
La banca prende quel denaro in deposito dai risparmiatori, riconoscendo loro un interesse, e lo presta all’azienda, facendosi pagare un interesse a un tasso maggiore rispetto a quello pagato ai depositanti. La differenza fra i due tassi costituisce la cosiddetta “forbice” e rappresenta la principale fonte di guadagno della banca tradizionale.
In questo caso la banca intermedia il risparmio fra le unità in surplus e quella in deficit, per questo si parla di intermediazione finanziaria.
Potrebbe esistere un mondo senza banche? Certo che sì, per quello che abbiamo detto sopra. Ad esempio l’azienda potrebbe non investire oppure chiedere direttamente il denaro ai risparmiatori, operando la cosiddetta disintermediazione, ovvero l’eliminazione dal circuito finanziario degli intermediari. E potrebbe farlo sia chiedendo a prestito il denaro (attraverso l’emissione di obbligazioni), sia aumentando il proprio capitale, attraverso l’emissione di nuove azioni.
Se la moneta, e quindi la finanza, è la benzina che consente al motore produttivo di girare, l’intervento della banca può essere il “tigre nel motore” di una vecchia pubblicità, l’energia che dà maggiore forza e impulso alla benzina. A patto che la banca sia efficiente.
Se la banca è efficiente, e svolge bene la sua funzione, realizza infatti un’operazione di trasformazione delle risorse, aumentandone il valore, nel percorso fra unità in surplus e unità in deficit.
Il risparmiatore, infatti, depositando i suoi soldi in banca, ha quest’ultima come unico interlocutore e solo di essa deve fidarsi. Non solo: il suo risparmio può essere a vista (disponibile in ogni momento per essere ritirato) o vincolato a una qualunque scadenza diversa da quella del prestito all’azienda.
Per questo il risparmio ha tutela costituzionale (art. 47 Cost.) e la banca è vigilata da un’autorità di supervisione (la Banca Centrale Europea) che deve controllarne la solidità e la solvibilità.
Un mondo senza banche sarebbe un mondo migliore? Non abbiamo ancora messo sul tavolo tutti gli elementi che ci consentiranno di rispondere a questa “domanda delle cento pistole” ma, dal prossimo articolo, cominceremo a metterli in fila.