I VECCHI? FACCIAMO COME IN SVIZZERA: AMMAZZIAMOLI TUTTI

I VECCHI? FACCIAMO COME IN SVIZZERA: AMMAZZIAMOLI TUTTI

Mar, 11/10/2020 - 21:39
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In Svizzera hanno deciso che i vecchi non verranno più curati, per dare priorità alla “popolazione produttiva”

.vecchio

Ci sono notizie che sono talmente incredibili che, quando si ascoltano, la prima reazione è quella di ritenerle una bufala, oppure di pensare di aver magari interpretato male. E’ il caso della direttiva emessa dall’Accademia svizzera delle scienze mediche e dalla Società svizzera di medicina intensiva con il titolo “Triage dei trattamenti di medicina intensiva in caso di scarsità di risorse”.

Tale direttiva ha precisato le tipologie di pazienti destinati a non essere soggetti ad «alcuna rianimazione cardiopolmonare» in caso di scarsità di posti in terapia intensiva: «Età superiore a 85 anni o età superiore a 75 anni se accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe Nyha superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi». Altre condizioni incurabili, come la demenza grave, possono parimenti bloccare l’accesso alle cure.

Il triage discende direttamente dalla medicina militare e serve per assegnare le priorità ai pazienti sui quali intervenire quando non tutti possono ricevere cure, come appunto in una guerra.

Ecco, questo è il tipo di notizia a cui ci riferivamo all’inizio. Talmente assurdo da sembrare inverosimile. Richiama alla mente cose che ritenevamo ormai lontane, retaggio di un passato o di regimi per i quali nessuno può avere nostalgia: dal Monte Taigeto di Sparta da cui venivano gettati i neonati deformi all’eugenetica nazista.

.chiodo vecchio e rugginoso

Noi che siamo abituati alla logica economica, capiamo meglio di chiunque altro che, in caso di risorse scarse, queste vanno allocate per gli impieghi che ne assicurano un uso più efficiente. L’esempio classico dell’ultimo chilo di farina disponibile con due forni: il sistema efficiente lo indirizzerà verso quello in grado di produrre più pane e/o di migliore qualità. Detto in altri termini: la farina andrà al forno che il mercato ha giudicato più idoneo a soddisfare i bisogni dei consumatori.

Qui sta il punto chiave del ragionamento: non è difficile da seguire, ma non è neanche così banale. Sarebbe sbagliato, e comunque superficiale, assegnare il chilo di farina al forno che produce la maggior quantità di pane, perché quel pane potrebbe essere di qualità così scarsa che nessuno lo comprerebbe e, rimanendo invenduto, comporterebbe lo spreco della risorsa.

Se con quella farina il forno A potesse produrre una minore quantità di pane, ma così buono che i clienti se lo comprerebbero tutto a prezzo anche più elevato, per il sistema sarebbe più efficiente che fosse quel forno ad avere la risorsa scarsa.

.forno

Stiamo parlando del concetto di valore aggiunto: il produttore più efficiente non è quello che, a parità di risorse, realizza la maggior quantità di prodotto, ma quello che, a parità di risorse, riesce ad ottenere il fatturato più alto (dato dal prodotto prezzo x quantità).

Da un punto di vista strettamente economico, quello che conta per l’efficienza del sistema non è di avvantaggiare il produttore che riesce a realizzare la maggiore quantità di output, soprattutto se poi tale merce nessuno la compra e resta invenduta. Deve invece essere avvantaggiato quello che meglio riesce a soddisfare i bisogni del mercato, che quindi sarà disposto a pagare anche prezzi unitari più elevati. Chi è questo “giudice supremo” dell’efficienza in un modo di risorse limitate? La teoria economica ci dice che è la “domanda” e quindi il consumatore (o l’investitore) che è disposto a pagare per avere la disponibilità di quel prodotto.

Se manca la domanda, nessun prodotto ha successo: tanto vale ritirarsi dal mercato. E la domanda è fatta da chi ha la disponibilità per pagare un prezzo, oltre che il desiderio (sia esso bisogno o piacere), per ottenere il prodotto.

La popolazione anziana costituisce oggi una quota formidabile della domanda complessiva, in quanto si trova nella condizione migliore per poter consumare: disponibilità di risorse (mediamente un anziano ha risparmiato tutta la vita proprio per godersi il patrimonio in questa stagione); disponibilità di tempo (non lavora); bisogno (basti pensare all’assistenza medica e ai prodotti farmaceutici). Se viene meno questa parte qualificata di domanda, il mercato crolla. Paradossalmente, se non avessimo più gli anziani, molti prodotti di cui essi sono grandi acquirenti (medicine, servizi alla persona, per esempio) resterebbero invenduti; chi lavora per realizzare quei prodotti resterebbe disoccupato, i fornitori di quelle aziende resterebbero senza clienti, il personale degli ospedali e delle case di riposo dovrebbe trovare diverse occupazioni, e così via.

Solo da un punto di vista “meccanico” sarebbe quindi folle e autolesionista immaginare di selezionare la popolazione basandosi sulla loro potenzialità produttiva. E questo senza pensare alle molte persone che, pur avanti negli anni, continuano a svolgere con successo la loro attività lavorativa, a cominciare da politici, magistrati, docenti universitari, avvocati, consulenti e così via.

Ma c’è una cosa ancora più oscena nel ragionamento dell’Accademia svizzera delle scienze mediche: quella di fare una classifica delle persone, secondo la quale alcune valgono meno di altre e possono pertanto essere sacrificate prima delle altre. Nella logica disumana della guerra – dove questo sistema di selezione è nato – si capisce bene che le persone sono “carne da cannone”, ovvero valgono solo se e in quanto idonee a combattere.

 

.mani vecchie

 

Nella società civile, dove spesso crediamo di trovarci, ogni persona, proprio in quanto persona, ha lo stesso valore delle altre. E nessun medico o scienziato, militare o politico, può dire chi deve morire prima e chi dopo. Anzi, proprio i più deboli dovrebbero essere aiutati, perché ne hanno più bisogno.

 

 

 

 

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