FACCIAMO FINTA

FACCIAMO FINTA

Mer, 03/16/2022 - 19:25
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L’informazione sulle ragioni del conflitto è incompleta e di parte. Cerchiamo di vederlo da una diversa angolazione

.nuova prospettiva

Per un momento facciamo finta di guardare la cosa da un diverso punto di vista. Mettiamo da parte – anche se non è facile - le angoscianti immagini di guerra che la televisione e i media ci propinano in modo incessante da venti giorni a questa parte. Non consideriamo che la Russia è un regime fortemente autoritario, governato da uno zar a cui probabilmente il potere assoluto e il senso di impotenza hanno tolto lucidità e razionalità, nonché l’umanità necessaria a governare in modo almeno razionale.

Vediamo di esaminare la situazione con la freddezza e il distacco che la cronaca ora rende difficile, ma che emergeranno quando – auspicabilmente nel più breve tempo possibile – il rumore delle armi si sarà placato.

Dobbiamo allora ricordare che sono diversi anni, per la precisione con la presidenza Obama, che la scena europea, e ucraina in particolare, sono state utilizzate dagli Stati Uniti per indebolire e minacciare la Russia, al fine principale di rafforzare la loro competizione commerciale con il gigante cinese cui i russi sono sempre stati politicamente ed economicamente sempre molto vicini.

In questa logica, come abbiamo raccontato nella recente miniserie “Fare la guerra sul suolo degli altri”, ma che avevamo già descritto ampiamente nel 2016, gli USA hanno finanziato a piene mani in Ucraina sia l’opposizione, al tempo, al governo filorusso e legittimamente eletto di Janukovyc, fino ad agevolarne la cacciata, sia successivamente il pesante riarmo dei nuovi governi filooccidentali.

.distruzione guerra

Non solo, ma avvalendosi – come, d’altra parte, anche Putin – di milizie mercenarie, hanno continuato a sovvenzionare la feroce repressione attuata da diversi anni contro le popolazioni russofone del Donbass, che hanno subito le stesse angherie e violenze ora atrocemente inflitte alle città ucraine del nord-ovest dall’invasore russo. Di questa carneficina sono arrivate da noi ben poche informazioni, ivi incluse quelle richieste di autonomia provenienti dalla maggioranza degli abitanti.

In questo periodo, si ricorderà che la Crimea era stata di fatto annessa alla Federazione russa senza sparare un solo colpo. Tale decisione venne poi confermata da un referendum, che si deve ritenere legittimo e che di fatto non è stato poi contestato da nessuno degli altri paesi, in cui la quasi totalità dei votanti si era espressa a favore dell’annessione.

Se vogliamo, qualcosa di molto simile alla secessione della Croazia che nel 1991 dichiarò la sua indipendenza dalla ex-Jugoslavia, fra gli applausi dell’Occidente e l’immediato riconoscimento da parte del Vaticano e della Germania. Quello che successe nei successivi anni in quelle terre martoriate, con una crudeltà e violenza che non aveva niente da invidiare all’attuale conflitto ucraino, è ancora molto vivo nel nostro ricordo, sebbene il clamore mediatico all’epoca fosse molto meno invadente di oggi. Peraltro, si trattò della prima e finora auspicabilmente unica guerra alla quale ha partecipato ufficialmente anche la Repubblica Italiana (Presidente del Consiglio era Massimo D’Alema), nonostante l’esplicito richiamo della Costituzione che ammette la guerra solo per finalità difensive.

.donna in guerra

Da allora, e forse proprio in seguito a questo evento, l’Ucraina si è fortemente militarizzata e sono cresciute – nel resto del paese a maggioranza filooccidentale – le forze di opposizione alla Russia, con la richiesta di entrare nella Nato e nell’Unione Europea, richiesta – quest’ultima – peraltro mai ufficializzata fino a un paio di settimane fa e comunque decisamente avversata da molti paesi dell’Unione.

L’Europa, che non ha mai brillato per decisionismo e presenza sui fronti caldi, non vede come molto popolari le richieste di ingresso nell’Unione che, infatti, sono giacenti da tempo (in questo momento sono in attesa: Albania, Repubblica Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Turchia) e, meno che mai, c’era grande volontà di imbarcare un paese come l’Ucraina con conti pubblici dissestati, dipendenza finanziaria dalla Russia e una situazione di disordini interni in una vasta regione come il Donbass, che avrebbero comportato (e a maggior ragione ora comporterebbero) ingenti trasferimenti di risorse.

Del resto, già in passato Gorbaciov, quando venne dissolta l’Unione Sovietica, aveva chiesto la creazione di una “casa comune europea” che però dalle nostre parti respinsero al mittente. Al tempo l’idea prevalente fu quella di creare una “Comunità degli Stati Indipendenti” (CSI), alla quale aderirono, fra gli altri, Ucraina, Georgia e Stati baltici. Gli stati al confine fra l’Europa occidentale e la Russia avrebbero costituito un cuscinetto di garanzia per i due blocchi, funzione che – in seguito al colpo di Stato contro Janukovyc di cui abbiamo parlato sopra – in Ucraina venne gradualmente abbandonata con le pressioni e i finanziamenti proprio degli USA, fino alla richiesta di entrare a far parte della Nato.

.ukraine

Sarebbe auspicabile un’informazione più equilibrata e meno partigiana, per riportare le vicende in modo più oggettivo possibile. Non si capisce perché, questa volta, c’è un committment così forte e unilaterale da parte dei media, in confronto anche a quanto accadde con la guerra della ex-Jugoslavia, che pure ci era geograficamente ancora più vicina. E, magari, non sarebbe male che qualcuno dicesse che il figlio del Presidente USA Biden è in affari con il Presidente ucraino Zelenski, come pure lo sono (per la fornitura dei droni all’esercito) i familiari del leader turco Erdogan. Oppure perché alla Rai una dichiarazione compromettente di Zelenski è stata tradotta (come affermato da un’ospite ucraina in studio) in modo da travisarne completamente il senso.

Magari sono eccessi di mancanza di fiducia da parte nostra e, certamente, questo non diminuisce l’enorme responsabilità di Putin, ma la sensazione è che, anche in questo caso (come in altri in America Latina, Africa o in altre regioni del mondo), si tratti di un contrasto fra grandi potenze, le quali perseguono nient’altro che i propri interessi, passando sopra alle popolazioni che hanno la sventura di trovarsi sulla loro strada.