LA NUOVA FRONTIERA
L’innovazione tecnologica che cambierà la nostra vita in questo secolo è l’intelligenza artificiale
Dovessimo scommettere su quale sarà l’innovazione più importante del nuovo secolo, non avremmo dubbi. Così come nel secolo scorso è stato Internet a sconvolgere la vita e le abitudini delle persone e i modelli produttivi dell’economia mondiale – come, del resto, in altri tempi era stato il motore a scoppio - questa volta è il turno dell’Intelligenza Artificiale (AI).
L’idea che sia possibile creare una “macchina” in grado di svolgere tutte le attività e tutte le azioni che l’uomo compie è alla base di ogni processo di innovazione tecnologica ed ha un effetto diretto e immediato sulla produttività delle aziende e sulla stessa qualità della vita. Le azioni di carattere ripetitivo, meccanico e faticoso sono state le prime ad essere affidate alle macchine, liberando così l’uomo dalla fatica e dal rischio di compiere errori. Il rovescio della medaglia è che la macchina può sostituire l’uomo in molti dei lavori che in precedenza gli erano affidati, con soddisfazione degli imprenditori, che possono ovviamente ridurre i costi, e la possibilità di errori in mansioni ripetitive. E in più non chiedono ferie, non si ammalano e non si iscrivono ai sindacati.
Quello che le macchine non possono fare è provare sentimenti e, almeno fino ad ora, articolare ragionamenti complessi. È proprio in quest’ultimo caso che interviene l’Intelligenza Artificiale, che costituisce appunto la nuova frontiera dello sviluppo tecnologico di questi anni.
Il concetto dell’AI è quello del learning by doing, ovvero dell’”imparare facendo”. Attraverso i dati pescati da tutte le fonti informative alle quali l’AI è collegata, queste piattaforme sono in grado di fornire risposte ai diversi quesiti posti, purché in una forma e in un linguaggio appropriati. Affinando poi il tipo di risposte e adattandole agli input via via ricevuti, il sistema è in grado di raffinare e adattare le sue risposte in una logica di problem solving, ovvero orientata alla soluzione pratica dei problemi. Questo sembra funzionare anche in ambito economico, tanto che già oggi sono molti i casi di start-up e modelli di business costruiti secondo le indicazioni dell’AI.
Non è qui il caso, né avremmo le necessarie competenze, di esaminare nel dettaglio i meccanismi tecnici sui quali si sviluppa l’AI. In questa sede è sufficiente cercare di spiegare di cosa si tratta e quali effetti potrà avere sulla qualità della vita dell’uomo e sulle sue attività economiche.
Il concetto chiave è quello di chatbot: si tratta di un software progettato per simulare una conversazione, il cui obiettivo principale è quello di riprodurre un comportamento umano. Si usa per vari scopi come, ad esempio, la guida in linea, per rispondere alle FAQ degli utenti che accedono a un sito.
Come nei migliori gialli, non è tanto importante dare le risposte giuste (queste verranno migliorate con l’uso, proprio attraverso gli errori e l’esperienza), quanto di fare le domande giuste. Viene così avviata una conversazione in forma di domande-risposte in cui gradualmente ci si avvicina a una rappresentazione soddisfacente per il problema posto.
La ricerca è ancora molto arretrata e c’è da scommettere che nei prossimi anni verrà migliorata e resa molto più affidabile. Alcuni dei settori in cui si sta sperimentando, con le maggiori aspettative, l’AI, sono:
- Le automobili a guida autonoma: sistemi in grado di percepire l’ambiente circostante e di muoversi al suo interno;
- Sistemi di autodiagnosi: sistemi in grado di diagnosticare autonomamente la presenza di malattie, senza l’intervento del medico;
- Robot badante: sistemi in grado di prendersi cura di persone anziane o fragili;
- Consulente finanziario: sistemi in grado di gestire automaticamente un portafoglio di investimenti.
Le perplessità che circondano la ricerca sono di diversa natura: da quelle per così dire ideologiche (una macchina non potrà mai sostituirsi all’uomo), a quelle tecniche e funzionali (i tentativi fino ad ora noti hanno mostrato vistose carenze e pericoli), a quelle giuridiche (in caso di errori chi risponde?), a quelle etiche (l’uomo non può essere rimpiazzato dalla macchina, oggetto meccanico e non dotato di vita sensoriale e intellettuale). Tutte giustificate, ma che verranno quasi certamente superate dai miglioramenti che la ricerca apporterà e dai benefici economici enormi che si porterà dietro.
Nel settore che ci interessa, quello della finanza personale, già da anni esistono algoritmi di gestione (i cosiddetti roboadvisor) che vengono venduti sul mercato e che hanno anche un certo grado di accuratezza, ma che non superano il limite di base: quello di non considerare il profilo personale dell’investitore, le sue propensioni, il suo approccio all’investimento. Siamo certi che sarà solo questione di tempo, ma alla fine anche questo limite verrà superato. Così come nel caso delle automobili senza autista o della diagnosi medica.
Attualmente la ricerca più avanzata, almeno per quanto risulta dalle informazioni pubblicamente disponibili, è quella di OpenAI, piattaforma facente capo a ente filantropico non-profit che ha come obiettivo quello di assicurare che i benefici dell’AI vengano estesi a tutta l’umanità (anche se si avvale di strutture commerciali per lo sviluppo della piattaforma). OpenAI opera attraverso ChatGPT, il prodotto almeno apparentemente più avanzato, di cui verrà a breve lanciata la quarta versione.
Dopo una prima fase di sperimentazione senza troppa enfasi, anche Google sembra essersi gettata in pieno nella mischia, con il progetto Bard, ancora non arrivato da noi, e sul quale sta puntando molto. Infine, i “soliti” cinesi sono della partita con EarnieBot, il cui lancio era previsto per il mese di marzo ma, probabilmente, subirà qualche ritardo.
Comunque vada sarà un successo, come diceva un noto slogan. È solo una questione di tempo, ma alla fine dovremo tutti fare i conti con l’AI, per cui sarebbe sterile un atteggiamento di rifiuto pregiudiziale, come quello dei luddisti quando cercavano di distruggere le macchine che toglievano lavoro agli operai. Conviene, quindi, guardare con attenzione cosa succede.
Commenti
Ciao Marco
leggo con estremo interesse il tuo articolo sull'Artificial Intelligence, ma, non ti nascondo, anche con una sensazione di paura.
Quanto sopra non certo per "sudditanza" verso una macchina, quanto perché, trattandosi appunto di macchina dotata di intelligenza, temo che, prima o poi, possa superare l'intelligenza dell'uomo il quale, forse, potrebbe trovarsi impotente di fronte ad essa. ed a ciò che essa stessa potrebbe...combinare.
In sostanza ho paura che non possa ripetersi, tra l'uomo e la macchina, la scenetta comica di un ns. conoscente che, da diciottenne dei ns. tempi, si sentiva di avere il mondo ai piedi e disse, con tono arrogante, al padre che non voleva scucire dei soldi (il padre era medico e fu il primo 2 metri a Siena!!): tu mi hai fatto e mi mantieni!!!
E il padre, molto arrabbiato, rispose dicendogli: no, io ti ho fatto ed ora ti "disfò"!!! Ovviamente non gli fu difficile, vista la stazza fisica, appiccicargli due cazzotti in faccia che rimasero ben visibili per alcuni giorni, modellando così l'eccessiva esuberanza del figlio medesimo.
Mi pongo poi un'altra domanda e, cioè, cosa ne sarà dei ns. cervelli se, per ogni e qualsiasi difficoltà che potremo incontrare, grande o piccola, invece di ingegnarsi su come superarla e risolverla, sarà semplicemente sufficiente rivolgersi al robot?
Alessandro Manzoni sosteneva alacremente che i proverbi erano la saggezza dei popoli ed uno di essi recita:
- chi ragiona con il cervello degli altri il suo se lo può friggere!!!!!
Dico quindi.......meditate gente, meditate.......
Un caro saluto!!!
Gianni
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