THALASSA! THALASSA!
Anche oggi chi controlla i mari controlla il mondo
Per una volta solleviamo lo sguardo dalle nostre miserie e piccolezze quotidiane e locali e diamo ragione al Nostromo, che guarda il mondo dal mare; cerchiamo di dare un’interpretazione diversa – rispetto a quella strettamente economicistica – dei rapporti di forza fra le potenze del mondo partendo dal controllo dei mari.
La premessa da cui partiamo, che non sempre teniamo nella debita considerazione, è che chi controlla i mari controlla il mondo. La cosa può apparire strana a chi è abituato a ragionare con mentalità geocentrica, mettendo la terraferma al centro dell’universo (del resto questo è l‘ambiente in cui viviamo); ma la storia ci insegna una cosa diversa. Solo quando uno stato si trasforma da potenza continentale in potenza marittima, o meglio ancora in talassocrazia (i due concetti non coincidono perfettamente in quanto non basta avere flotte numerose per essere padroni del mondo), allora può davvero esercitare un vero e proprio dominio su scala globale.
Così è stato per i sudditi di Sua Maestà in Inghilterra, che nonostante la limitata estensione (e disponibilità di risorse e materie prime) della madrepatria, è stata la prima vera potenza mondiale. Così non è stato invece per la Francia (salvo limitate eccezioni in alcuni periodi storici), la Russia o la Germania che non hanno mai assunto un ruolo preminente.
Ma soprattutto, e qui veniamo al punto, l’unica vera talassocrazia e la maggior superpotenza di oggi sono gli Stati Uniti in quanto sono in grado di controllare tutti i principali mari del mondo, e in particolare tutti i cosiddetti “colli di bottiglia” ovvero gli stretti, quei passaggi obbligati che consentono il transito sulle rotte mondiali (come Gibilterra, Hormuz, Malacca, Panama).
Forse non tutti sanno che Il trasporto marittimo internazionale trasporta oltre l'80% del commercio globale a popoli e comunità di tutto il mondo. La spedizione è il metodo più efficiente ed economico del trasporto internazionale per la maggior parte delle merci; fornisce un mezzo affidabile e a basso costo per il trasporto di merci a livello globale, facilitando il commercio e contribuendo a creare prosperità tra nazioni e popoli (fonte IMO, International Maritime Organization, l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite con responsabilità per la sicurezza e la sicurezza delle navi e la prevenzione dell’inquinamento marino e atmosferico da parte delle navi).
Già questo da solo basta a capire l’importanza che può avere il controllo delle rotte, tanto che quando si parla di “libero commercio” o “libertà degli scambi” in realtà ci si riferisce al fatto che non ci siano limitazioni al controllo totale esercitato dagli Stati Uniti. Il mondo è suddiviso in quadranti, ciascuno dei quali è controllato da una specifica flotta USA: la II Flotta sull’Oceano Atlantico, dalla costa orientale degli USA a quella occidentale dell’Europa e nord-occidentale dell’Africa; la III Flotta sul Nord Pacifico, dalla west coast americana alla contesa costa asiatica; la IV Flotta sui mari che circondano l’America Latina; la V Flotta sull’Oceano Indiano e la VII sul Pacifico Meridionale dall’Africa all’Australia (fonte “Limes”). L’unico spazio ancora teoricamente contendibile è il Mar Artico, nella prospettiva che il cambiamento climatico, provocando un parziale disgelo, renda navigabili superfici che ancora non lo sono o lo sono solo parzialmente.
L’unica seria minaccia a questo controllo totale è quella rappresentata dalla Cina, la quale sta cercando di costruire un contropotere che, almeno nello specchio marittimo che si affaccia sull’Asia, crei una breccia nel compatto scudo navale USA. Gli scontri fra Cina e Filippine, di cui nessuno parla ma che vanno avanti da tempo, vanno interpretati in questa chiave, come anche la forte pressione che il Celeste Impero sta esercitando per acquisire il controllo di Taiwan.
L’isola di Taiwan, oltre a essere il principale produttore mondiale di microchips evoluti (quelli che servono per le applicazioni intelligenza artificiale e per la più avanzata tecnologia industriale) è anche un formidabile punto di snodo strategico per il controllo di quel tratto di mare, da cui transitano (secondo stime EIA, l’US Energy Information Administration) il 16% delle risorse petrolifere mondiali, come pure tutte quelle che arrivano allo stretto di Hormuz (che a sua volta ne intercetta il 19%).
Se accettassimo la teoria secondo la quale non è tanto l’economia che muove il mondo, quanto la ricerca del potere, e quindi del controllo sui mari, potremmo interpretare molte delle attuali vicende in questa semplice, primordiale chiave.
Intanto nella contrapposizione fra Cina e Stati Uniti, le due vere superpotenze mondiali di oggi, la differenza fra i due schieramenti è ancora abissale, a favore degli USA. La Cina, per ora, rappresenta più una potenziale minaccia futura che un contropotere reale.
Tutto quello che accade in Europa (ma questo già lo sapevamo) ha un’importanza molto limitata per gli equilibri globali, e questo spiega, ad esempio, lo scarso interesse della Cina (ma anche il molto probabile disimpegno degli USA) nei confronti della guerra Russo-Ucraina, che dal punto di osservazione di noi europei è invece di centrale importanza.
Diverso il discorso per il conflitto mediorientale, perché può impattare sul controllo del canale di Suez, messo recentemente in discussione dai ripetuti attacchi degli Houthi, i miliziani sciiti dello Yemen finanziati e sostenuti dall’Iran, alle navi (non cinesi) in transito nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden.
È per questo che occorre riconoscere l’attualità del grido “Thalassa! Thalassa!”, come narra Senofonte nell’Anabasi: il grido col quale oltre due millenni fa diecimila soldati greci sancirono la fine del loro impervio viaggio attraverso l’Anatolia con la vista del mare di Grecia, che significava il loro ritorno a casa.
- Per commentare o rispondere, Accedi o registrati