IL LATO OSCURO DEL NON PROFIT

IL LATO OSCURO DEL NON PROFIT

Mer, 03/26/2025 - 23:00
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Il caso della multa stratosferica inflitta da un tribunale USA a Greenpeace

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La recente sentenza, per molti aspetti clamorosa, del Tribunale di Mandan (North Dakota, USA) - con la quale l’organizzazione non governativa Greenpeace è stata condannata a pagare ben 660 milioni di dollari di risarcimento a Energy Transfer, un’azienda texana che si occupa di trasporto e stoccaggio di combustibili fossili – fa emergere una serie di interrogativi sulle grandi organizzazioni non governative, che sono ormai diventate molto simili ai colossi multinazionali commerciali.

Il processo in parola riguarda le proteste del 2016 e del 2017 contro il Dakota Access Pipeline, un oleodotto sotterraneo - duramente contestato da gruppi di nativi americani e attivisti ambientalisti, secondo cui avrebbe inquinato le acque del fiume Missouri, la loro principale fonte idrica, e danneggiato terre sacre per i nativi americani - che serve a portare il greggio dalla Bakken Formation, una zona al confine tra Montana e North Dakota, nel nord-ovest degli Stati Uniti, fino all’Illinois, attraversando il South Dakota e l’Iowa.

La sentenza è stata particolarmente dura e punitiva nei confronti di Greenpeace, se si considera che l’azienda attrice chiedeva 300 milioni di dollari di risarcimento, ma i nove giudici popolari hanno più che raddoppiato la somma, ritenendo la ONG colpevole di violazione di proprietà privata, diffamazione e associazione a delinquere. Naturalmente Greenpeace ricorrerà in appello, e non è detto che alla fine della storia sia poi costretta a pagare, anche perché - se la somma fosse confermata – ciò comporterebbe il fallimento dell’Organizzazione.

.giustizia

Come ha scritto il New York Times “Hanno lottato per salvare le balene. Riusciranno a salvare sé stessi?”. Tuttavia, se questo può essere il colpo letale per l’organizzazione, tutto sommato possiamo anche ritenerlo un inconveniente del mestiere, un rischio insito nel tipo di mission di Greenpeace. Danneggiare coloro che provocano danni all’ambiente è proprio lo scopo per cui sono nati, e che ha consentito loro di raccogliere enormi quantità di donazioni e portare avanti le loro battaglie da oltre 50 anni (l’Organizzazione venne fondata a Vancouver nel 1971).

Ciò che invece non sarebbe previsto è un uso distorto delle ingenti risorse che nel tempo l’ONG ha gestito. Come nel caso dello scandalo del 2014, quando si scoprì che l’Organizzazione aveva messo in piedi contratti derivati sulle valute con finalità speculative per circa 59 milioni di dollari, registrando perdite per 3,8 milioni. Della cosa non si è parlato molto né al tempo[1], né tanto meno oggi, quando la notizia sembra quasi scomparsa, relegata in una delle pagine interne di Google, il cui motore di ricerca – peraltro – in prima pagina non riporta ancora la notizia della clamorosa sentenza del Tribunale del North Dakota. Segno evidente che l’attività di marketing e relazioni esterne dell’Organizzazione funziona molto bene, e che comunque vi vengono investite molte risorse.

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Quello che, almeno all’epoca, non funzionava invece molto bene erano i meccanismi organizzativi e di controllo sulla gestione finanziaria. Il buco causato dai derivati avvenne nella filiale tedesca di Greenpeace, e sembra che dell’attività spericolata della sussidiaria la sede centrale non fosse a conoscenza, come se ogni ufficio nazionale agisse per proprio conto, pur potendo fare affidamento sui finanziamenti della casa madre.

Non è dato sapere se il problema sia stato risolto, anche se l’Organizzazione (che rese noto il buco solo dopo averlo riportato e coperto nel bilancio 2014) annunciò di aver licenziato il responsabile e di non aver pregiudicato la sua stabilità finanziaria, con un bilancio annuale che oggi è intorno a 300 milioni di dollari. Sta di fatto che, in quell’anno, i membri dell’ONG affiliati in Germania diminuirono di 700 unità.

A ben guardare, il problema è più generale: si può affermare che il settore non profit sia diventato oggi un grande business, almeno in termini di dimensioni economiche, impatto sociale e capacità di attrarre finanziamenti; con stipendi dei manager non troppo diversi da quelli del settore privato e organizzazioni molto complesse.

Le ONG di grandi dimensioni (non solo Greenpeace ma Amnesty International, la Croce Rossa, ecc.) non sono più semplici organizzazioni caritatevoli, ma attori economici globali con logiche operative sempre più simili a quelle delle multinazionali. Gestiscono ingenti somme di denaro, provenienti da donazioni, finanziamenti pubblici e partnership con aziende; hanno strutture manageriali complesse e elevato livello professionale, strategie di marketing avanzate e campagne di raccolta fondi mirate, che portano il settore non profit a competere per finanziamenti, visibilità e influenza con le aziende private, utilizzando campagne mediatiche d’impatto, proteste spettacolari e storytelling efficace per sensibilizzare il pubblico e raccogliere fondi. Alcune campagne sono state infatti giudicate troppo radicali o poco basate su dati scientifici.

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Questo ha portato vantaggi in termini di efficienza e impatto, ma anche a critiche sulla loro trasparenza, accountability e possibile deriva commerciale.

La crescita delle strutture organizzative causa alti costi amministrativi, che assorbono quote sempre crescenti dei fondi raccolti, tanto che molti iniziano a dubitare sull'effettivo impiego delle risorse, alla fine utilizzate più per pagare i ricchi stipendi ai funzionari che per le attività core dell’organizzazione.

Del settore non profit ci siamo occupati spesso in passato, e non c’è dubbio che rappresenti un elemento importante della società civile, e con enormi potenzialità di sviluppo. Tuttavia, l’essere, o il pensare di essere, dalla parte dei “buoni” non autorizza a sentirsi al di sopra delle regole di buona e prudente gestione, né a propagare ogni genere di informazione tesa a diffamare l’avversario e a falsificare costantemente la realtà delle cose con la diffusione di teorie che non reggono ad alcuna prova scientifica.

 

 

[1] Fa eccezione un articolo apparso su “Der Spiegel International” il 23/6/2014 a firma Micaela Schieß intitolato “ Organizational Change Has Led to Chaos in Greenpeace”                                                              (cfr. https://www.spiegel.de/international/business/greenpeace-financial-scandal-how-the-organization-lost-millions-a-976868.html )