Che fare? (Implementazione dell’asset allocation strategica)
Il passo successivo che abbiamo davanti, anche se certo meno sconvolgente di quello che secondo Vladimir Il'ič Ul'janov, meglio noto come Lenin, avrebbe portato alla rivoluzione, è comunque sicuramente impegnativo e delicato nel piccolo mondo del nostro risparmiatore. Quello di passare dalla teoria alla pratica, e cominciare a effettuare le prime operazioni.
Ricordiamo che Lucio, il nostro eroe, è un risparmiatore cinquantenne esodato che ha ricevuto un’eredità di 100.000 €. Le sue scelte di investimento, che abbiamo discusso negli articoli precedenti, hanno definito un’asset allocation strategica che possiamo sintetizzare nella seguente tabella con i valori espressi in percentuale del totale:
cassa | 20 |
titoli di stato a breve termine | 10 |
depositi vincolati < 1 anno | 5 |
obbligazioni a tasso fisso < 3 anni | 10 |
titoli governativi e IG > 3 anni | 7,5 |
high yield > 3 anni e perpetual | 5 |
azioni | 10 |
polizze vita | 10 |
immobili | 22,5
|
TOTALE | 100 |
Questo assetto del portafoglio può essere definito strategico, o tendenziale, nel senso che Lucio dovrà effettuare operazioni di compravendita di titoli per far coincidere (o quanto meno assimilare) la situazione effettiva di partenza a quella sopra riportata. Fatti i conti e trasformati i numeri da percentuali in assoluti, le modifiche da fare sono risultate le seguenti:
cassa | € 50.000 |
titoli di stato a breve termine | € 10.000 |
depositi vincolati < 1 anno | € 20.000 |
obbligazioni a tasso fisso < 3 anni | € 25.000 |
high yield > 3 anni e perpetual | - € 25.000 |
azioni | € 25.000 |
polizze vita | - € 5.000 |
Come si vede, si tratta ora di effettuare le operazioni che ci consentano di allineare il nostro portafoglio alla configurazione obiettivo. In complesso si tratta di acquistare un controvalore di 80.000 € in titoli, venderne 50.000 e tenerne liquidi in cassa 50.000 in più.
Una prima considerazione è che non ci siamo comportati nel modo più immediato e semplicistico (investire i 100.000 € addizionali), ma abbiamo colto l’occasione per riflettere sul nuovo patrimonio, ben diverso da quello iniziale. A parte tutte le altre considerazioni, se eravamo soddisfatti di come avevamo investito il patrimonio precedente, ora esso è cresciuto di un terzo, ed è molto probabile che tutta l’asset allocation debba essere rivista (salvo aumentare in proporzione ogni singola asset class, operazione che porterebbe a frazionare troppo gli interventi).
A prescindere da nuove risorse disponibili, o da necessità di disinvestire, la revisione dell’asset allocation è comunque consigliabile che venga effettuata ogni 2-3 anni, periodo nel quale cambiano le situazioni esterne di mercato, la nostra situazione particolare, ma talvolta anche i sogni.
Se fino ad ora abbiamo potuto gestire le diverse fasi “un autonomia” con pochi o nessun aiuto dall’esterno, da questo momento confrontarsi con un esperto è pressoché indispensabile, salvo che non siamo diventati esperti noi stessi … magari metabolizzando i consigli di questo blog.
Se infatti acquistare 10.000 € di titoli di stato a breve termine, ridurre di 5.000 € la polizza vita o aprire un deposito vincolato a 9-12 mesi è relativamente facile (basta confrontare, oltre all’affidabilità degli emittenti, i rendimenti offerti), lo stesso non si può dire per l’acquisto di 25.000 € di obbligazioni a tasso fisso con scadenza superiore a 3 anni e 25.000 € in titoli azionari, ma neanche per la vendita di 25.000 € di high yield e perpetual.
Il primo problema che abbiamo è quando, ovvero il timing delle operazioni, il secondo che cosa, ovvero quali titoli scegliere delle classi di asset (titoli o altri strumenti di investimento) da movimentare.
IL FATTORE TEMPO: LA FRETTA E’ CATTIVA CONSIGLIERA
Come in ogni aspetto dell’attività umana, il fattore tempo è determinante. La più bella e geniale idea di investimento, supponiamo un aumento del dollaro rispetto all’euro, se applicata con il timing giusto può essere molto redditizia, se applicata al momento sbagliato può essere dannosa. Se, nell’esempio del dollaro, riteniamo che da qui ai prossimi tre mesi il dollaro si debba apprezzare, compreremo titoli in dollari oggi per rivenderli a prezzo più alto dopo tre mesi. Se la nostra intuizione è giusta, faremo un bel guadagno addizionale, ma se l’apprezzamento del biglietto verde dovesse verificarsi solo fra sei mesi e nei primi tre invece ci fosse un calo, compreremmo oggi a prezzo maggiore ciò che avremmo potuto comprare fra tre mesi, quando invece avremmo voluto vendere.
Questi aspetti sono tipici della asset allocation tattica, di cui ancora non abbiamo parlato, ma il problema del timing ce lo troviamo davanti praticamente sempre.
Partiamo allora da una regola di buon senso: diamoci almeno un paio di mesi di tempo per portare a termine le operazioni previste: la fretta è in genere cattiva consigliera. Meglio se con il supporto di un esperto, studiamo il grafico dell’andamento della classe di asset (e dei singoli titoli) negli ultimi 2-3 anni.
Dobbiamo intanto vedere se si tratta di un titolo o di una tipologia di titoli particolarmente volatile (come in genere possono essere le azioni), ovvero che registra forti oscillazioni dei prezzi in tempi anche brevi: in quel caso dovremo scegliere il momento in cui il titolo è vicino al punto che possiamo ritenere il minimo in un dato intervallo di tempo. La tecnica dice che si dovrebbe comprare appena il corso inizia a risalire, ma naturalmente non è facile indovinarlo. Per titoli ad elevata volatilità è indispensabile seguire il mercato molto attentamente e farsi un’idea del valore “corretto”, che indicheremo come prezzo limite quando passiamo l’ordine.
Se invece fosse un titolo stabile, meglio guardare il movimento complessivo della classe: ad esempio tutte le obbligazioni governative con scadenza intorno a 2 anni probabilmente tenderanno a muoversi in modo omogeneo. In quel caso la scelta del timing sarà meno critica.
Per alcune operazioni (depositi vincolati a breve, titoli con scadenza entro l’anno) basta verificare quali sono i prezzi praticati dalle nostre abituali controparti, che avremo preventivamente selezionato in base alla loro affidabilità: per queste forme di investimento si sceglierà ovviamente quella più redditizia. In genere non ci sono scostamenti significativi fra le diverse banche o società, ma talvolta qualche istituto propone degli incentivi realmente convenienti.
Sui titoli la differenza viene spesso fatta dai diversi livelli di commissioni praticati dall’intermediario, ovvero dalla banca. Poiché queste sono difficilmente esplicitate, conviene sempre chiedere o valutare prima. Si tratta di costi – specie quelli fissi per operazione - che possono incidere anche significativamente sul rendimento del titolo, specie in momenti in cui i tassi di interesse sono bassi. Per questo conviene sempre trattare con la banca per cercare di spuntare riduzioni delle commissioni.
Quelli che abbiamo descritto sopra sono aspetti che, insieme al trattamento fiscale, esamineremo nei prossimi articoli, nei quali parleremo della scelta effettiva dei titoli: come scegliere fra le moltissime opzioni che si presentano all’interno di una classe che abbiamo già individuato.
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