WILLY COYOTE E LA STRATEGIA DELL’INVESTITORE SAGGIO

WILLY COYOTE E LA STRATEGIA DELL’INVESTITORE SAGGIO

Dom, 01/03/2021 - 17:26
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Le linee guida per la gestione razionale del patrimonio nell’anno appena iniziato: azionario, mercati emergenti asiatici e oro.

.financial market

Abbiamo visto la scorsa settimana che l’eredità (in termini finanziari, ça va sans dire) che l’anno appena finito lascia a quello nuovo è, allo stesso tempo, molto complessa ma tutto sommato anche prevedibile.

Come se, all’indomani di un’ubriacatura colossale, o meglio mentre i fumi dell’alcool sono ancora in circolazione, sia così forte la voglia di tornare allo stato di sobrietà normale che tentiamo di convincerci che in realtà non sia successo niente, che chiusa la parentesi si torni esattamente dove eravamo. Le previsioni di fine 2019 sono state in definitiva rispettate, ma il percorso è stato ripido e accidentato: l’esplosione della pandemia ha comportato la  reazione di un crollo verticale dei mercati azionari, che poi in corso d’anno hanno recuperato in gran parte le posizioni perdute, ricollocandosi sui livelli massimi.

I tassi di interesse si sono mantenuti bassi, anzi sono ulteriormente diminuiti per effetto delle manovre di politica monetaria espansiva messe in atto per contrastare gli effetti della crisi sanitaria.

Ciò che invece ha segnato il passo è stato il comparto economico: produzione e lavoro si sono ridotti drasticamente, con in più un forte grado di incertezza in merito alla possibilità futura di recupero. Nonostante l’enorme mole di risorse messa sul tavolo, sia come sostegno agli investimenti pubblici e privati, sia come alleggerimento fiscale, l’economia – specie in sistemi deboli come il nostro – fatica molto a ripartire.

.stock market

In questa situazione, l’enorme liquidità che è stata riversata sui sistemi ha molta difficoltà ad innescare la ripresa produttiva. Teoricamente le banche, che ricevono i mezzi liquidi in contropartita di acquisti di titoli da parte della banca centrale, dovrebbero agevolare la concessione di prestiti a famiglie e imprese per far riprendere la produzione e far ripartire la macchina. Ma da un lato – come si diceva sopra – la domanda di prestiti è debole e, per di più, il merito di credito si è sensibilmente ridotto, perché i soggetti che potenzialmente potrebbero essere destinatari di prestiti sono ora più fragili e meno affidabili.

Le risorse continuano quindi ad affluire sui mercati finanziari e, in particolare, su quelli azionari: questo è il motivo per cui, nonostante la produzione arranchi, i mercati continuano a crescere.

D’altra parte, per chi gestisce i patrimoni, il mercato obbligazionario ha da tempo cessato di essere attrattivo, con rendimenti microscopici, quando non negativi come nel caso dei Bund del governo tedesco. Il reddito fisso non rende ma, almeno per la parte corporate (quello emesso da società private e non da enti pubblici), continua a presentare elevati livelli di rischio.

Fra una azione e un’obbligazione emesse dalla stessa società, oggi è paradossalmente il titolo di debito (l’obbligazione) a presentare i rischi maggiori, nonostante renda molto poco. Si è quindi invertito il rapporto tradizionale che vedeva i rischi concentrati soprattutto nel comparto azionario.

.financial market

Se volessimo quindi indicare, in termini del tutto generali, le linee guida per gli investitori nei prossimi mesi, potremmo dire che l’azionario continuerà ad essere con ogni probabilità il comparto più soddisfacente. Data l’ormai lunga e sostenuta crescita dei mercati USA, con multipli molto spesso eccessivi e talvolta fuori da ogni logica (si pensi a Tesla, che ha un rapporto price/earning di oltre 1.200[1]), riterremmo preferibile in questa fase il mercato europeo.

Sull’Italia conviene invece essere prudenti, perché anche qui il mercato è cresciuto molto negli ultimi mesi e il sistema è strutturalmente fragile e instabile, per cui il rischio di sbandamenti, anche di tipo politico date le difficoltà che sta attraversando il governo in carica, è sempre dietro l’angolo.

Per quanto riguarda i comparti dell’azionario, dopo le impennate dei tecnologici e dei farmaceutici, i settori con maggiori potenzialità sembrano quelli cosiddetti “ciclici” (ovvero quelli che crescono quando il ciclo economico diventa positivo, cioè quando il reddito nazionale è in fase positiva), cioè chimica, edilizia, automobilistico, grande distribuzione commerciale. Si tratta quindi di puntare sulla ripresa economica, sperando che con la diffusione del vaccino, il virus venga finalmente sconfitto e si possa ricominciare a produrre.

Come sempre, il mercato ha già anticipato la tendenza prevista e sta premiando proprio i titoli ciclici (in modo evidente nell’azionario USA, ancora solo parzialmente in Italia) come se la ripresa fosse già iniziata e in pieno svolgimento. In realtà, come abbiamo visto, il rimbalzo è ancora lontano e incerto e ci sono molte probabilità che non si manifesti affatto. Ma quello che conta, per l’investitore, è il sentiment prevalente che determina prezzi e scambi.

Chi punta su un titolo e decide di investirci, realizza un guadagno se – in un congruo arco di tempo – riesce a rivenderlo a un prezzo superiore rispetto a quello pagato, oppure se incassa i flussi di reddito (cedole e dividendi) che quel titolo produce, per effetto della redditività conseguita e dell’andamento aziendale.

In un mondo ideale le due prospettive dovrebbero almeno in via tendenziale coincidere, ma in quello reale, soprattutto quando c’è forte instabilità, possono esistere anche per lungo tempo forti disallineamenti, una sorta di vera e propria schizofrenia: main street da una parte, wall street dall’altra. L’esempio eclatante è ancora Tesla: il prezzo dell’azione cresce a dismisura, e la società non ha ancora distribuito profitti ai soci.

.wile e. coyote

In un panorama come l’attuale, l’investitore razionale non può ignorare un comparto che si presenta come uno dei più redditizi, ma deve essere consapevole dei rischi di volatilità e di crolli improvvisi. Un po’ come Willy Coyote, che continua a correre nel vuoto finché non si accorge di non avere terreno sotto i piedi e allora precipita.

Un buon modo per affrontare la situazione è quindi quello di destinare all’azionario (meglio in questa fase se Europa e USA) una quota del portafoglio, orientativamente non superiore a un terzo, ma in “modalità dinamica” ovvero individuando per ogni investimento un massimo di perdita sostenibile (stop loss) e un livello minimo di utile da realizzare (take profit), pronti a uscirne con disciplina quando si verifica uno dei due eventi.

Questa componente dovrà essere bilanciata da una quota di assoluta sicurezza, sulla quale dovrà essere minimo il rischio di perdita, tipo le polizze assicurative a capitale garantito (ramo I).

Fra le idee che potranno essere interessanti in questo anno, ne segnaliamo alcune: green economy, mercati emergenti (abbiamo già parlato di azionario cinese un paio di mesi fa, e il consiglio è ancora valido, nonostante il buon risultato già ottenuto) e, infine, l’oro di cui si prevede a breve un ritorno sopra il livello dei 2.000 dollari l’oncia.

.gold

La ripartizione fra i diversi asset, e la scelta degli stessi, dipenderà – come abbiamo detto più volte – dalla situazione specifica dell’investitore, dall’articolazione dei redditi e degli impegni di spesa, dalla propensione al rischio e dagli obiettivi di ciascuno.

Come ben sanno i lettori di questo sito, non esiste una ricetta valida per tutti e in ogni momento.

 

 

 

 

 

[1] Il rapporto price/earning (prezzo/utile), detto anche P/E esprime il numero di anni necessario affinché il prezzo pagato per acquisire l’azione sia recuperato con gli utili prodotti dall’azienda. Tradizionalmente si ritiene congruo e fisiologico un rapporto compreso fra 10 e 20.