Speciale 8 Marzo - LE INFILTRATE
Il capitale umano femminile nell’era digitale: occasione da non perdere. Disponibile anche in podcast.
Nel mondo del lavoro (e non solo) esiste ancora una sostanziale disparità tra le possibilità e le energie spese e spendibili da parte di una donna e quelle da parte di un uomo.
In particolare, è vero che nel mondo della tecnologia i generi hanno la possibilità di coprire gli stessi ruoli impegnando uguali energie? È vero che fin dai primi anni di età alle donne vengono proposti stessi input, stessi schemi di cultura, impegno, intelligenza? O piuttosto è vero che i condizionamenti sono già evidenti e radicati sin dalla scuola materna? Da noi il contrasto tra le possibilità dell’avvicinamento al mondo tecnologico tra una donna e un uomo è molto più subdolo, a confronto della evidenza in cui si consuma nella gran parte del resto del mondo. Una volta nelle scuole si insegnavano discipline tenute distinte e queste avevano un forte imprinting di genere. Raramente una donna si avvicinava alla matematica; nella fisica non poteva eguagliare il compagno di giochi che aveva già assorbito, per emulazione paterna, esperienza sul campo di lavoretti domestici e piccole riparazioni su automobili e motorini di casa.
Nella storia ci sono stati mirabili esempi di donne meritevoli, ingegnose, scopritrici, eroine. Ma certamente ancora troppo pochi. Le poche che qualcuno ha definito ‘infiltrate’ (Nicola Palmarini – “Le infiltrate. Ragazze e tecnologia, stereotipi e opportunità” – Ed. EGEA 2016). Perché la donna ha dovuto omologarsi a uomo per entrare, da ‘infiltrata’ appunto, nel mondo del lavoro, per vedere riconosciuti forse gli stessi meriti? Anche qui l’uomo, o meglio l‘umanità tutta, ha forse perso un’occasione d’oro? Non bisogna essere delle infiltrate, baciate dalla fortuna, dai soldi, da un maestro presente, da una tenacia fuori dal comune, da una genialità superiore, da un genitore sensibile. Quanti geni ci siamo persi, quanto buon lavoro ci siamo giocati, quanto capitale umano (di genere femminile) andato in fumo? Perché nessuno ha mai misurato l’entità di questa perdita? Si creano algoritmi per tutto: perché non proviamo a pensare alle donne scolarizzate che non hanno raggiunto le stesse mete dei fratelli parimenti scolarizzati, come a know how e valore totalmente dispersi? Il contributo geneticamente diverso apportato dalla donna, avrebbe dovuto apportare valori diversi e in aggiunta a quelli conosciuti, che avrebbero ben potuto, nel tempo, cambiare e migliorare il profilo economico della società.
Si tratta allora di provare a riscoprire questi valori, e di vedere se e come è possibile recuperare il tempo, le risorse e le energie perdute.
Il modo giusto, l’approccio anche solo economicamente più efficiente non può certo essere quello di appiattire e uniformare i generi: una sorta di genus laborans che poi è diventato genius… Non si possono riconoscere le differenze di genere come capitale, vero e proprio, per sviluppare una nuova economia della produzione e del lavoro? In definitiva il mondo del lavoro nei sistemi occidentali è stato creato dal genere maschile e su quella falsariga continua a crescere e a profilarsi: stesse leggi, dettami, regole. La donna in carriera deve diventare un uomo, abbandonare la propria indole materna, organizzatrice, contenitrice, perdonatrice.
Prendiamo l’e-commerce, il commercio e la tecnologia digitale. Un trading completamente diverso rispetto a quello tradizionale: si abbattono barriere di luoghi e di tempo, si viene a creare un mercato rivoluzionato e imprevedibile, per le sue applicazioni potenziali, per i suoi apporti. Qualsiasi cosa, parola, fatto appartiene al mondo, e ne fa il giro più volte in pochi secondi. Qui possono, a pieno titolo, entrare le donne: uno spazio vuoto che può essere disciplinato da regole nuove dove ci sia uno spazio per i deboli, per i piccoli, per i vecchi, per chi cresce e per chi muore, per chi vuole imparare. Spazio per idee diverse rispetto a quelle usuali: nuova comunicazione, nuovi modi di imparare. Le donne e la società si sono perse tutto questo? Si sono perse la possibilità di cambiare le leggi basate sui violenti profitti a tutti i costi? Non si tratta di inventare qualcosa di nuovo, ma di riconoscere e sfruttare il talento, la conoscenza, la capacità, il merito, la diversità a beneficio di tutti senza guardare la fotografia del proprietario. Invece ci ostiniamo a reiterare lo stesso modello: le donne pur di entrare nel mondo del lavoro hanno abbracciato una sorta di omologazione a quanto già in atto, non apportando nulla del femminile, ma anzi appiattendone il genere. Il vero dramma è che abbiamo ormai alle spalle decine di anni di mondo tecnologico che doveva migliorarci la vita, e così non è stato. L’occasione per la svolta può essere ora che siamo agli inizi del commercio digitale: le donne possono emergere come ‘donne’ a riempire il gap che vuole il mondo diviso in due società.
Vengo da un campo in cui si studiano concetti applicabili al benessere del pianeta in termini di risorse naturali riproducibili; diversi anni fa sono state inventate una serie di leggi per valutare un progetto in termini di impatto ambientale e, una possibilità prevista, ma che viene perlopiù scartata, è l’opzione zero. Sarà la deformazione ingegneristica che considera tutto fattibile, tutto costruibile, che non può proprio accettare la NON realizzazione di un progetto; come se la stessa fosse una sconfitta per l’uomo, anziché sfida a creare di meglio o comunque una tutela dell’umanità e delle risorse naturali. Occorre invece rivalutare l’“opzione 0”, cioè interventi di ammodernamento e messa a norma con impianti di mitigazione e interventi mirati alla risoluzione dei punti critici, senza però un ampliamento spropositato e ingiustificato, può talvolta essere la scelta vincente. Curiosamente l’opzione zero è una formula politica con cui si è indicata la volontà di raggiungere il disarmo totale. (ipotesi negoziale, proposta dal presidente statunitense R. Reagan nel 1981, in base alla quale USA e URSS avrebbero ritirato dall’Europa tutte le rispettive forze missilistiche). L’ipotesi del disarmo totale è quella che più mi affascina. Disarmiamo da una parte il femminismo ormai concettualmente vetusto e il maschilismo dominante, che con le sue rigidità apporta solamente visioni ridotte, per costruire piccole snelle realtà. Disarmarsi vuol dire annientarsi come ipotetici antagonisti in un risparmio di energie teso verso la conoscenza.
L’uomo e la donna, secondo un best seller mondiale di qualche anno fa (“Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere” di John Gray), provengono da due pianeti diversi che non si chiamano Terra. Dunque siamo ospiti. Entrambi. Ed entrambi possiamo inventare le nuove regole del gioco. Ovviamente la scelta di Gray era basata sull’inganno di non dare per scontato l’altro/a perché viene da un altro pianeta, prova sentimenti in modo diverso e si esprime in modo diverso. Sapendo di aver davanti un alieno/a saremmo più propensi a farci capire e a capire l’altro/a. L’inganno funziona, ha funzionato e l’inventore di questo teatro è ormai in voga da decenni.
Vorrei passare ora alla fase ‘operativa’ che assieme all’irrobustimento delle coscienze delle donne, offre alle infiltrate un nuovo punto di vista, quello femminile, per scalfire una volta per tutte il famoso tetto di cristallo, senza rinunciare, come si diceva prima, alle loro prerogative; anzi senza che l’umanità perda questo importante contributo in termine di capitale umano femminile.
Ma prima di iniziare vi vorrei raccontare una storia che è quella di tante donne; anche se molte non lo sanno.
C’era una volta una ragazza, ormai donna che, per farsi rispettare dalle altrui invasioni, fuggì in un’altra città, lontano da tutti. Ma non servì a nulla perché si portava dietro il fagotto, dentro e fuori, come un’aura dalla quale non riusciva a smarcarsi.
Bussò a varie porte, dove c’era scritto con altre parole che qualcuno può aiutarti. Porte tutte chiuse, percorsi lunghi, tortuosi, burocratici, tra avvocati, dottori e impostori.
Finché s’imbatté in una porta aperta: ‘il centro antiviolenza’ che si occupava anche delle donne maltrattate. Il titolo non le sembrava consono perché non pensava di aver subito delle violenze, quanto piuttosto controversie, incomprensioni, litigate; anzi a dirla tutta pensava fosse colpa sua, del suo carattere, della sua ingenuità, del suo essere mai cresciuta del tutto, nonostante figli, lavoro, famiglia, cani, casa. Ma cosa le mancava per crescere, lei proprio non lo sapeva. Eppure la pietra dentro lo stomaco rimaneva, sempre. La sensazione che qualcuno le rubasse la propria vita, anche.
Aprendo la porta trovò due donne che si presentarono come operatrici qualificate, una delle quali avvocato. Attraverso il primo colloquio esplicativo sulla sua situazione personale, capì di rientrare nella ‘categoria’ di donna maltrattata.
Negli altri colloqui che seguirono vuotò il sacco e, a poco a poco, si sentì più leggera ma soprattutto più determinata e capì che in effetti aveva proprio subito reali e pesanti violenze psichiche e non solo.
Le due donne le consegnarono un decalogo per riconoscere queste forme di violenza e fermarle subito, isolarle, cacciarle lontano dalla sua vita. Per attuare veramente tutto ciò, avrebbe dovuto leggere quotidianamente queste 10 regole, altrimenti la sua vita sarebbe ricominciata come prima.
Leggere tutti i giorni delle cose che vorremmo cambiare ci aiuta a rafforzarci nell’intento, a riconoscere le violenze ‘subdole’, a non provare sensi di colpa, ma ad affermare noi stesse allontanando abitudini di assuefazione alle sopraffazioni psicologiche, in modo tale da permetterci di cercare la nostra felicità e poterla perseguire con dignità.
Non dimentichiamoci che dalla presunzione, che a qualcuno potrà sembrare egoistica, di volerci bene per prime, deriverà una felicità condivisa che ricadrà a pioggia su tutti i nostri cari.
IL DECALOGO
- RESTIAMO NOI STESSE, ossia donne, qualsiasi cosa succeda. Tanto, se a poco a poco diventiamo come gli uomini, poi staremo peggio.
- NON VERGOGNAMOCI DEI NOSTRI SENTIMENTI possibilisti, elastici e amorevoli verso le diversità: non vergogniamoci di provare empatia, condivisione, accoglienza perché queste sono qualità e non cose brutte o da persona debole.
- LA GRAVIDANZA NON È UN’OSTACOLO alla carriera o alla fiducia, conquistata con dedizione e disponibilità. È una scelta assolutamente personale che non deve interferire col lavoro anzi, ci aiuterà a lavorare meglio.
- Le QUALITA' di cui ai punti 2 e 3 devono essere un PLUS e non un MINUS. Se così fosse, non saremmo delle infiltrate ma semplicemente persone, al posto giusto.
- CONTINUIAMO A PIACERCI, non perdiamo la nostra sensualità, la nostra dolcezza, per sentirci accettate o accettabili. Per lavorare e fare carriera sul posto di lavoro, le donne non devono diventare uomini ma rimanere se stesse. Donne. Sempre. A qualsiasi condizione. Altrimenti è come rinnegare la propria condizione di genere, perchè non v'è nessun'altra condizione, se non il fatto che siamo di generi diversi [1]
- Il genere femminile porta con sè una intrinseca SENSIBILITA' COME VALORE AGGIUNTO, anche nel mondo del lavoro. Se finora questo patrimonio non è stato scoperto, abbiamo una buona occasione per farlo. Adesso. Subito.
- Quando per esprimere un’idea, un lavoro o uno studio, dobbiamo farlo sfoderando le unghie per essere ascoltate e apprezzate, abbiamo già sprecato molte più energie di quelle che avrebbe dovuto fare il collega accanto a noi. Tiriamo fuori le nostre bellissime armi e risparmiamo le energie. Agli stessi risultati dobbiamo arrivare IMPIEGANDO LE MEDESIME ENERGIE DELL'ALTRO GENERE. altrimenti saremo ancora delle ‘infiltrate’. E soprattutto, se ci succede di averle sprecate, non scoraggiamoci, non pensiamo di essere inferiori o di non avere buone idee o di non saper affrontare le situazioni. andiamo bene così. il problema non siamo noi: è il nostro interlocutore, che vuol metterci in difficoltà.
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Cerchiamo di RICONOSCERE SUBITO LE DISEGUAGLIANZE di trattamento, perché’ se non lo facciamo, queste si rafforzeranno nel tempo. Riconoscerle è difficile; nel nostro mondo sono veramente molto subdole. e ci cascheremo facilmente… perché’ siamo il ‘sesso debole’ o comunque ce l’hanno fatto credere sin da subito. i comportamenti particolari verso una donna sono sempre accettati di buon grado, anche da noi. Sapete perché’ siamo il sesso debole? Perché’ ce l’hanno fatto credere. è un’ipnosi prepotente. Meglio evitarla, se no quello che l’altro ci fa credere è già vero.
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Buona regola è l’ASCOLTO, l’accompagnamento, l’accoglienza fra donne che aiuta come sostegno e corroborazione della presa di coscienza. Parlare fra donne, creare una vera e propria catena di informazioni, aiuta ad isolare i casi di disuguaglianza o violenza. La metodologia dell’accoglienza, tipicamente femminile, è fondata sulla relazione fra donne e basata sul rimando positivo del proprio sesso o genere. Sulla base di tale relazione, ogni donna accolta e ascoltata da altre donne ha l’opportunità di intraprendere un percorso di autonomia, consapevolezza, empowerment.
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LEGGERE TUTTE LE MATTINE QUESTO DECALOGO non è stupido. Ci aiuterà a riconoscere le disuguaglianze (‘comportamenti particolari’) che subdolamente ci abbindolano affascinandoci e, soprattutto, ci permetterà di affrontarle facendo capire, prima a noi stesse e poi agli altri, che non troveranno del morbido e che non ci adegueremo.
P.S. Non lasciatevi ingannare anche se un’altra donna ce l’ha fatta! Mi riferisco alla notizia del 1 Marzo (The Economist il 4/3/21), in cui James Fraser è diventata la prima donna a capo di una delle maggiori banche del mondo (Citigroup). Finché è un’eccezione è solo una piccola crepa nel tetto di cristallo …
La lettura del podcast è di Elena Presti www.elenapresti.com
[1] “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” –scritta dall’eroina e drammaturga che visse durante la rivoluzione francese - Olympia de Gouges nel 1791, il cui punto di partenza era il ‘semplice’ principio in virtù del quale “la donna nasce libera e resta uguale all’uomo nei suoi diritti”, primo trattato in cui si dichiarava l’uguaglianza politica e sociale tra uomo e donna. I suoi scritti femministi e abolizionisti ebbero grande risonanza. Fu ghigliottinata nel 1793 "perché si era dimenticata le virtù che convengono al suo sesso".
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