ANCORA TRUFFE AI DANNI DI RISPARMIATORI INCAUTI: SPUNTA UN’OMBRA ECCELLENTE
L’affaire Greensill, il crac di un fondo che fra i suoi advisor annoverava David Cameron
Niente da fare, è proprio nella natura dell’uomo: pur di lucrare alti interessi sugli investimenti, alla fine è sempre pronto a cedere alle lusinghe dei prodotti spazzatura. Lo scandalo dei subprime, come quelli dei Tango bonds, di Parmalat e così via, non ci hanno proprio insegnato niente.
Questa volta il crac ha interessato una banca australiana, la Greensill, che ha collocato sul mercato (soprattutto quello inglese e quello tedesco) una valanga di junk bonds, costruiti e impacchettati su crediti ad aziende relativi a operazioni di factoring[1]. Si tratta di uno scandalo, emerso pochi giorni fa, di cui si parla pochissimo nel mondo, quasi per niente da noi, forse anche perché banche importanti che sono cadute nella rete hanno posto la sordina (per non dire il bavaglio) alla cassa di risonanza mediatica.
E questa volta compare sul luogo del delitto anche una vecchia conoscenza del nostro sito: l’ex primo ministro inglese David Cameron, che abbiamo definito “il peggior leader politico europeo degli ultimi decenni”. Come spesso succede, le banche offrono a ex politici o ex personaggi di primo piano del mondo istituzionale l’incarico di senior advisor, ovvero di consulente esperto, in genere caratterizzato da elevata remunerazione e nessuna responsabilità o obbligo. In sostanza, la banca compra l’immagine dell’ex leader assumendolo come testimonial d’eccellenza e contando nella possibilità di sfruttare commercialmente l’ampia rete di contatti acquisita nel corso della carriera politica.
A nostro avviso, si tratta di una pessima abitudine perché potrebbe giustificare i sospetti che, durante il loro servizio, tali personaggi abbiano dispensato a quella banca favori e privilegi, acquisendo crediti – se non formali, certamente morali – che vengono poi riscossi una volta terminato l’incarico e cessati i motivi del conflitto di interessi. Vere e proprie cambiali che, una volta caduti dal piedistallo, gli ex leader presentano all’incasso. Non si capisce infatti quale altro tipo di prestazione professionale potrebbe offrire un politico in un’area di business di cui non può certamente considerarsi esperto.
I leader veri (come Obama, Clinton, Tony Blair) mettono a frutto la loro esperienza dispensando lezioni, lectures, seminari su materie che hanno trattato nel corso della loro attività, oppure pubblicando libri e memorie. Le mezze calzette (come il tedesco Schroeder che è andato a fare il consulente per Gazprom, gigante energetico russo con vasti interessi in Germania) vanno a fare i consulenti.
Naturalmente un advisor non può essere considerato responsabile dei misfatti di un’azienda di cui è (o è stato) testimonial. Ma certo, nel caso di Cameron, un minimo di prudenza se non di scaramanzia non avrebbe guastato, visti i disastri che aveva combinato da premier (uno per tutti: il referendum sulla Brexit).
A parte Cameron, l’ennesimo caso di truffa ai danni dei risparmiatori ci dimostra, come dicevamo all’inizio, che non si riesce mai a imparare dagli errori passati e che, pur di avere qualche punto percentuale in più di rendimento, si è spesso disposti a trascurare la corretta percezione del rischio. Ciò è tanto più grave quando si amministrano risorse pubbliche, come nel caso di Comuni e Laender tedeschi, oppure quando si gestiscono patrimoni di ignari clienti, come nel caso della grande banca che ha scoperchiato il vaso di Pandora.
Fra le municipalità incastrate, si distingue la cittadina di Monheim-am-Rhein, ridente borgo di circa 40.000 anime, che aveva impiegato 38 milioni di Euro (circa 1.000 Euro per ogni abitante); ma ci sono anche Wiesbaden (20 milioni), Giessen (10 milioni), Bad Durrheim (2 milioni) e molti altri. Inoltre ben 16 stati federali (con in testa la Turingia: 50 milioni) e l’Opera di Colonia, che dopo aver perso 15 milioni rischia seriamente di chiudere i battenti.
Tutte vittime dei tassi negativi che negli ultimi anni stanno imperversando sui mercati monetari: pur di non pagare interessi per depositare i loro consistenti saldi attivi, non si preoccupano di valutare i rischi cui sottopongono i loro bilanci.
Il meccanismo ricorda da vicino quello dei subprime: la Greensill era specializzata nel credito ai fornitori delle aziende, smobilizzando le fatture non ancora scadute. Questi prestiti vengono “impacchettati” (o, come si dice in gergo, cartolarizzati) e ceduti sotto forma di obbligazioni a investitori ai quali viene riconosciuta una parte dell’interesse addebitato ai fornitori delle aziende clienti.
Se tutto funziona come dovrebbe, le aziende acquirenti finali vendono i loro prodotti e col ricavo rimborsano la banca che aveva anticipato la fattura a loro carico; a sua volta la banca rimborsa capitale e interessi ai sottoscrittori.
Ma se il pagamento non arriva puntuale (come succedeva con i mutuatari dei subprime), e se i ritardi si moltiplicano, la catena si interrompe e come le tessere del domino iniziano crolli a raffica. Alla fine la valanga arriva ai portafogli degli ignari sottoscrittori, che magari avevano affidato i loro capitali a gestori patrimoniali senza scrupoli, o forse solo sfortunati.
E così la storia si ripete: depositi polverizzati, clienti imbestialiti e supervisori che chiudono la stalla a buoi ampiamente scappati.
[1] Il factoring è una forma di credito commerciale nel quale un imprenditore (denominato "cedente") si impegna a cedere verso corrispettivo i crediti presenti e futuri scaturiti dalla propria attività imprenditoriale ad una società finanziaria (denominata factor) la quale, a fronte di compensi che possono essere rappresentati da commissioni e/o interessi, presta una serie di servizi per l’incasso e normalmente anticipa l’importo del credito, con o senza rivalsa verso il cedente (nel primo caso si parla di cessione pro-solvendo; nel secondo pro-soluto).
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