AVVISO AI NAVIGANTI - LA BORSA DI KABUL
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Di tutto quello che succede nel mondo (salvo Jackson Hole), i mercati sembrano disinteressarsi. L’Afghanistan crolla sotto i colpi dei taliban, che dopo 20 anni di democrazia ben foraggiata dai dollaroni USA (2.300 miliardi, si dice) riportano indietro le lancette del tempo al medioevo; la variante delta non perdona e si espande a macchia d’olio; la Cina mette sotto accusa lusso, alcool e tecnologia occidentale; e gli indici di borsa continuano a salire come niente fosse.
Se fosse vero quello che insegnano nelle Università, ci sarebbe da aspettarsi un crollo dei profitti aziendali, e di conseguenza dei valori delle azioni sul mercato: la domanda dalla Cina per i prodotti del capitalismo si contrarrà; come pure nel caso di una recrudescenza dei contagi; la crisi dei rapporti internazionali renderà i commerci meno fluidi o quanto meno più costosi. Gli investitori dovrebbero affannarsi a vendere, e invece continuano a comprare.
Non è detto che tutto questo non succeda, ma per ora il tono è ancora alto. Il vento soffia ancora, magari non troppo forte, ma bisogna essere pronti a quando arriverà la bonaccia o magari qualche rovescio, anche violento. Per il momento, però, il rischio sembra più quello della volatilità che non del crollo. Hic manebimus optime.
IL NOSTROMO
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