IL RULLO COMPRESSORE

IL RULLO COMPRESSORE

Mer, 10/06/2021 - 19:08
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Con Draghi la politica italiana ha conosciuto il metodo manageriale

.manager

A prescindere dalla simpatia o meno che il personaggio può provocare, una cosa è certa: Mario Draghi ha portato nell’agenda politica italiana il metodo tipico del manager che lavora per obiettivi, pianificando in modo dettagliato, declinando tempi e costi con estrema precisione, monitorando i risultati, apportando le modifiche quando necessario.

Poche parole, quelle indispensabili, e molto lavoro: un rullo compressore che può rallentare o accelerare, ma certamente non si ferma. In questo periodo, particolarmente denso di impegni decisivi per il Governo, c’era il rischio concreto di una paralisi per la tornata elettorale, praticamente una certezza in passato. Si votava in quasi tutte le maggiori città italiane, in una regione per il Presidente, in un paio di seggi parlamentari per le elezioni suppletive: ce n’era più che abbastanza per bloccare l’attività dell’esecutivo nei mesi precedenti e in quelli successivi, se fossero stati alterati gli equilibri esistenti.

.quirinale

In effetti la dinamica dei partiti e delle formazioni politiche ha risentito e non poco degli esiti elettorali: alcuni partiti si sono rafforzati (il Pd), altri hanno perso terreno (la Lega, i 5 Stelle), altri ancora hanno avuto meno voti di quanto tutti pensavano (i Fratelli d’Italia). Probabilmente il Parlamento che verrà eletto nel 2023 avrà una fisionomia molto diversa dall’attuale, con un Presidente della Repubblica (che verrà nominato in febbraio dell’anno prossimo) che non sarà – ahimè – Sergio Mattarella, nonostante molti lo stiano tirando per la giacchetta per prolungare il suo mandato.

Di tutto questo si può dire che l’attività di Governo non abbia risentito: già il giorno dopo la chiusura delle urne, il Premier ha richiamato il cronoprogramma e gli impegni ancora in corso. Il tableau de bord è bello denso: riforma fiscale, implementazione del PNRR, reddito di cittadinanza, assetto delle pensioni dopo la quota 100, riforma degli ammortizzatori fiscali; riforma della concorrenza; e – sullo sfondo – gli impegni istituzionali inderogabili che ruotano intorno alla legge di bilancio.

Senza dimenticare il piano di vaccinazione e il sostegno allo sviluppo economico post-pandemia, le due emergenze sull’onda delle quali si è inaugurata la stagione di Draghi.

Come si vede, non solo emergenze o adempimenti in scadenza, ma anche interventi strutturali e di riforma, indispensabili per poter accedere ai cospicui fondi europei. Pianificare vuol dire proprio questo: non farsi travolgere dalle urgenze ma tracciare un percorso da seguire, con gli opportuni adattamenti certo, ma senza rinunciare a perseguire gli obiettivi che ci eravamo proposti.

Solo così è possibile rendere conto compiutamente di quello che si è fatto, rispondere con i fatti su come sono stati usati mezzi e facoltà. Programmi dettagliati, business plan, e non programmi elettorali. I politici sono bravissimi a fare promesse e, magari, anche a dire che sono state mantenute; i manager devono rispondere con i numeri e le cose fatte.

.cabina di regia

Di fronte a un aspetto da affrontare, i politici aprono un “tavolo” e magari una “cabina di regia” (in modo che le eventuali responsabilità siano condivise); i manager aprono un “cantiere” e devono cominciare a lavorare per raggiungere gli obiettivi che sono stati dati.

Non vogliamo demonizzare il metodo politico, sia chiaro. Anzi, è fondamentale che sui valori di base, sugli indirizzi, sulla linea da seguire ci sia un confronto il più ampio possibile, che tutte le istanze siano ascoltate e giustamente tenute in considerazione, che poi si arrivi a una sintesi sulla quale tutti si possano riconoscere o, in caso contrario, si possa aprire una leale dialettica fra chi detiene le leve del comando e chi è all’opposizione.

Ma nella parte esecutiva, in quella che porta dalle idee alla realizzazione, il metodo che conta è quello costruttivo, pratico. C’è uno che decide e che si assume la responsabilità, se poi i numeri non tornato sarà lui a rispondere.

.consensus

La politica dovrebbe occuparsi di ideali, di grandi valori, di scelte di fondo; a questo livello si tratta di ricercare il consenso e trovare opportune sintesi. Il manager fatica a dover ricercare il consenso; anzi, si può dire che la ricerca del consenso è quasi antitetica alla funzione dirigenziale. Se un manager deve ricercare continui compromessi, è costretto a doversi guadagnare ogni volta la fiducia, la sua azione di governo inevitabilmente ne risulta indebolita. La logica manageriale prevede che – ovviamente entro determinati limiti – egli abbia potere di decidere e che poi, qualora le sue decisioni si rivelino sbagliate, debba rispondere in prima persona dell’errore o del mancato conseguimento dell’obiettivo.

Per questo, quando si diceva che chi si è dimostrato capace di gestire con successo le aziende sarà capace anche di gestire un Governo, un Comune, una Regione, si faceva un errore sostanziale: nel primo caso si era data dimostrazione di capacità manageriale, nel secondo occorre invece saper acquisire e conservare il consenso, occorre saper ascoltare, convincere, saper presentare le proprie idee e fare proposte. Sono attitudini molto diverse.

Non solo: l’alta politica non è solo capacità di capire gli umori popolari e interpretarli, si direbbe di cavalcarli, ma quella di saper far convergere il consenso sulle soluzioni che sono giuste per la comunità, indipendentemente da quanto possano essere, nel momento, popolari. I grandi statisti non sono quelli che hanno avuto grandi consensi, ma quelli che sono riusciti a far progredire il paese nonostante avessero dovuto assumere decisioni in quel momento impopolari, ma che poi hanno catalizzato consenso diffuso e apprezzamento unanime.