IL MOTORE SCOPPIA
Sarà difficile, oltre che molto costoso, rinunciare a petrolio e carbone
L’energia è il motore dei nostri tempi: se ce n’è poca o costa troppo (le due cose sono collegate), la produzione si inceppa, il reddito non cresce, il lavoro cala. Se ce n’è troppa, e costa troppo poco, oppure consuma troppe risorse naturali e distrugge l’equilibrio ambientale, gradualmente l’ecosistema si deteriora e diventa invivibile.
Un po’ come la pressione sanguigna: se è troppo bassa si sta male, mancano le forze e ci debilitiamo, ma se è troppo alta si rischiano danni irreversibili.
Cerchiamo allora di capire qual è il trade-off che si presenta in merito alla questione energetica, con l’obiettivo di rendere chiara la situazione soprattutto da un punto di vista economico, consci che in questo campo sono molte più le domande che le risposte, almeno a questo stadio, e che comunque si tratta di un fattore strategico per la vita e il benessere delle generazioni attuali ma soprattutto di quelle future.
Come si diceva, l’energia è il motore della nostra civiltà: serve ad alimentare tutti i processi produttivi ed è quindi indispensabile per le imprese, ma anche la vita di tutti i giorni, per riscaldarsi, muoversi, comunicare, cucinare, alimentare tutti i device che riempiono le nostre case.
Non ci addentreremo negli aspetti strettamente tecnici: ci ripromettiamo di tornare in argomento in un prossimo articolo; in questa sede resteremo sugli aspetti generali e sulle implicazioni economiche, senza ovviamente trascurare quelle ambientali, che sono al centro delle maggiori preoccupazioni, non esenti a nostro avviso da fenomeni di moda ma comunque giustificate e incombenti.
Dunque l’energia può essere ottenuta da diverse fonti: la principale è quella dei combustibili fossili, in primo luogo petrolio, carbone e gas naturale; le altre sono quella nucleare (generata dalla fissione dell’atomo) e le fonti rinnovabili: la solare, l’eolica, la geotermica, la marina, l’idroelettrica e l’energia da biomasse.
Ognuna di queste fonti ha delle caratteristiche proprie, elementi positivi e negativi – tecnici, ambientali, economici - che rendono molto difficile, se non impossibile soddisfare il fabbisogno energetico (e ancor più garantire l’approvvigionamento futuro, destinato a crescere per effetto dello sviluppo industriale) utilizzandone esclusivamente una, o una sola categoria.
L’energia attualmente più efficiente è sicuramente quella da combustibili fossili: è facilmente stivabile e trasportabile; i processi di estrazione e raffinazione sono consolidati e continuamente migliorati; Il passaggio dalla materia prima all’energia è relativamente agevole: basta il motore a scoppio contenuto nel cofano di un’automobile o in un ciclomotore.
Di contro, l’uso massiccio e intensivo dei materiali fossili ha due grandi controindicazioni: si tratta di una fonte esauribile, perché prima o poi le riserve, ancorché abbondanti e diffuse in tutto il pianeta, verranno prosciugate. Inoltre il processo di combustione libera nell’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica (CO2) che inquinano in modo irreversibile il nostro ecosistema e lo stesso processo produce enorme quantità di calore che comporta l’aumento della temperatura globale della terra.
È il problema attualmente al centro del dibattito dei grandi del pianeta, i quali hanno posto come obiettivo la limitazione dell’innalzamento della temperatura globale a 1,5 gradi entro il 2050, da raggiungere azzerando le emissioni di CO2 “entro metà secolo”. Questi gli impegni assunti da quasi tutte le potenze mondiali (esclusa l’India) nel recente G20 di Roma, presieduto dal nostro Mario Draghi.
Come tutte le grandi dichiarazioni tuttavia, anche questa è destinata ad essere disattesa. In primo luogo perché non è chiaro chi e con quali strumenti misuri la mancanza di emissioni alla scadenza, né quali potrebbero essere sanzioni razionali che non siano unicamente economiche. Ci potrà sempre essere un vantaggio relativo a produrre e pagare la multa piuttosto che non produrre: attraverso i prezzi gli oneri verranno ribaltati su chi acquista, magari gli stessi che sono stati ligi nell’osservare l’impegno.
Le fonti rinnovabili sono chiaramente quelle che meglio garantiscono la sostenibilità ambientale in quanto le emissioni sono inesistenti o limitate al massimo, ma hanno la controindicazione della difficile trasportabilità e della scarsa possibilità di immagazzinamento, ma soprattutto richiedono investimenti iniziali molto consistenti (si pensi alle enormi pale eoliche o agli impianti geotermici) che comportano alti costi.
Dal punto di vista del rapporto fra costi e efficienza tecnica, la fonte migliore sembrerebbe l’energia nucleare, quella originata dalla fissione dell’atomo; in quanto richiede quantità esigue di materia prima e tecnologie di produzione consolidate e di enorme produttività. La controindicazione è il rischio delle fughe di sostanze radioattive, che notoriamente provocano danni irreversibili alla salute umana, come è successo nel disastro di Chernobyl – in Ucraina, a quel tempo parte dell’URSS - del 1986.
In Italia venne tenuto un referendum nel novembre 1987, che ebbe il risultato (anche sull’onda emotiva di quanto successo nell’impianto sovietico l’anno precedente), con l’80% dei voti favorevoli, di portare all’abrogazione della legge che consentiva la produzione e la distribuzione di energia nucleare. In seguito a questa decisione, vennero smantellati e riconvertiti o chiusi gli impianti costruiti e funzionanti, ed ovviamente non ne vennero costruiti altri.
Dopo 34 anni è forse il caso di ripensare a quella scelta, sia perché la tecnologia è sicuramente progredita anche sotto il profilo della sicurezza, tanto che le probabilità di fughe radioattive sono molto basse: altrimenti sarebbe paradossale che in Italia restassimo esposti al rischio di disastri negli impianti dei cugini francesi senza poter usufruire dei benefici.
In termini economici, è infine facile prevedere che, dovendosi ridurre l’uso dei combustibili fossili secondo quanto concordato fra le grandi potenze, il prezzo di petrolio e gas naturale aumenterà anche sensibilmente, perché le sole fonti rinnovabili non saranno in grado di soddisfare il fabbisogno energetico, proveniente soprattutto dalle potenze asiatiche che non a caso non hanno aderito agli accordi.
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