IL MONDO DAVANTI AL 2022
Le top three issues dell’anno che verrà
Neanche il tempo di deplorare la brutta abitudine, indotta dalla frenesia commerciale, di anticipare di oltre un mese il tempo natalizio, che subito dobbiamo fare marcia indietro e adeguarci all’andazzo generale per dare uno sguardo all’anno che verrà (come cantava il grande e compianto Lucio Dalla).
L’occasione ci è data da un bell’articolo dell’Economist della scorsa settimana: Welcome to the world ahead 2022. Un editoriale nella tradizione del giornalismo britannico: sobrio, completo e stimolante; un elenco di questioni e argomenti (issues) che saranno presumibilmente al centro dell’attenzione anche nel 2022.
Dunque, la lista della spesa dell’Economist è la seguente:
- Modello democratico (USA) vs Modello autocratico (Cina, ma anche Russia);
- Covid;
- Inflazione;
- Smart working;
- Big Tech;
- Criptovalute;
- Riscaldamento globale;
- Turismo;
- Spazio;
- Grandi eventi sportivi (Olimpiadi invernali di Pechino, Mondiali di calcio del Qatar).
Dei dieci punti dell’Economist, ne scegliamo tre: quelli che secondo il nostro giudizio saranno principali, o più interessanti, per le vicende del mondo nel 2022; nel prossimo articolo cercheremo di esaminare le top three issues per l’Italia e nel successivo quelle per l’economia e la finanza. Con questo excursus, ci porteremo all’inizio di dicembre, allineandoci a una scadenza più adeguata per parlare del periodo di vacanza di fine anno.
La nostra scelta per il “mondo”, nell’elenco dell’Economist – tralasciando l’inflazione della quale riparleremo nella terza puntata – cade, nell’ordine, sui punti 5, 1 e 4. Non perché gli altri non siano importanti: in alcuni casi sono fondamentali, anzi decisivi, ma la valutazione è che non succeda niente di sostanzialmente nuovo l’anno prossimo rispetto al passato e al futuro.
Il primo punto di attenzione riguarda il problema delle Big Tech, le multinazionali tecnologiche che, nate magari in un garage della Silicon Valley, si sono affermate fino a diventare vere e proprie potenze mondiali, con bilanci che hanno dimensioni maggiori di quelle di molti Stati neanche tanto piccoli. I loro capi trattano da pari a pari con quelli delle grandi potenze, come nel caso dell’Unione Europea che alla fine ha comminato sanzioni miliardarie a entità che, pur facendo affari e producendo redditi enormi nei diversi paesi, versano nelle rispettive casse erariali solo spiccioli di imposte, approfittando dei paradisi fiscali e dei buchi normativi. I sistemi fiscali sono infatti stati costruiti quando internet non esisteva ancora, e i confini fisici fra le diverse nazioni erano effettivi, mentre oggi sono di fatto abbattuti dalla globalizzazione. Spostare i profitti negli stati con bassa (o nulla) tassazione diventa così una pratica diffusa per i big.
Ma gli elementi di preoccupazione vanno ben oltre l’elusione fiscale. La concentrazione di potere nelle mani dei colossi Big Tech ne fa delle vere e proprie potenze mondiali, in grado di influenzare comportamenti economici, desideri, modi di pensare, consenso politico. Poter disporre di una mole impressionante di informazioni sui “clienti” – dai quali sono state ottenute in cambio dell’uso gratuito delle piattaforme social e di una serie di servizi internet – rappresenta un patrimonio inestimabile di cui solo ora possiamo comprendere la portata. Il principale network mondiale, Facebook (ora Meta), proprio ora sta ponendo mano alla realizzazione del progetto della costruzione di una realtà virtuale in cui attrarre e condizionare i miliardi di persone che hanno fornito i loro profili e continuano a comunicare i fatti rilevanti delle loro vite.
Il secondo aspetto decisivo per l’anno prossimo è il confronto fra il modello democratico occidentale degli Stati Uniti e quelli autocratici derivanti dall’evoluzione (o involuzione) dei sistemi totalitari di matrice comunista, Cina e Russia. La competizione fra i due mondi si estende dal piano economico a quello tecnologico, politico, sociale e perfino militare. Il controllo delle nuove tecnologie e delle materie prime influenzerà in modo decisivo lo sviluppo economico delle superpotenze, e questo inciderà su disponibilità e prezzi dei prodotti, sui conti pubblici, e in ultima analisi sulla qualità della vita. Le politiche sociali e quelle ambientali ne diventeranno un inevitabile corollario.
Infine l’anno prossimo ci indicherà come potrà evolversi il mondo del lavoro all’uscita dalla terribile pandemia che, dopo il lockdown del 2020 e il graduale recupero dell’anno che sta per finire, dovrà trovare un equilibrio fra il tradizionale modo di lavorare, incentrato sulla presenza fisica, e lo smart working, che la pandemia ha diffuso e, in molti casi, introdotto. Non siamo sicuri che, dal punto di vista della qualità della vita di chi lavora, si tratti di un progresso. Certamente si eviteranno spostamenti e perdite di tempo, con riduzioni anche importanti dei tempi morti e dei costi di produzione. Ma molto probabilmente si perderà, o si affievolirà molto, la rilevanza del fattore umano e dei rapporti personali, i controlli sulla produttività saranno più invasivi e il grado di libertà delle persone ne risentirà.
Con gli spostamenti fisici, si ridurrà drasticamente, ad esempio, tutto il segmento del turismo business e, molto probabilmente, gran parte del lavoro impiegatizio verrà ridimensionato e reso più “flessibile”, tendenzialmente attraendo nell’area della precarietà una serie di occupazioni full time e a tempo indeterminato. È facile prevedere che per molte realtà il passaggio allo smart working rappresenterà un pretesto per ridurre il personale e i relativi costi e vincoli. Il lavoro fisso, che per molte generazioni ha rappresentato un obiettivo o comunque lo strumento per organizzare e pianificare la vita familiare, sarà per i giovani di oggi sempre più un miraggio.
Ci stiamo forse avvicinando a un mondo in cui sarà più facile tenere sotto controllo, schedare e omogeneizzare cittadini e comportamenti, realizzando i timori orwelliani da “grande fratello”. Abbagliati dalla facilità dei contatti, dalla comodità di lavorare e fare acquisti restando a casa, dalle enormi potenzialità informative della rete, dovremo stare attenti a che la nostra vita non si trasformi in una mera appendice di uno schermo di computer.
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