ACQUA DA OCCHI

ACQUA DA OCCHI

Mer, 09/14/2022 - 22:20
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Invece di darci regoline di comportamento, giuste ma inutili, i governi dovrebbero fare la loro parte.

.acqua da occhi

Non c’è dubbio che fra i temi economici che impegnano gli analisti in questo scorcio degli anni Venti, il più importante e dibattuto è la questione energetica, tanto che la stessa guerra fra Russia e Ucraina viene spesso ridotta a un mero fattore fondamentale per l’approvvigionamento energetico dell’Europa. Dopo i primi giorni di disorientamento e incredulità, il focus dei media si è infatti spostato dalle devastazioni e dalle morti dei civili all’evoluzione del prezzo del gas e dei canali di fornitura che possano sostituire quello russo.

Vediamo allora quali sono stati gli effetti del conflitto sui mercati delle commodities[1] energetiche. Il prezzo del gas naturale è più che raddoppiato, passando dai 3,8 $ di inizio anno agli 8,8 di oggi. I flussi dalla Russia verso l’Europa si sono praticamente azzerati in seguito all’embargo dei paesi occidentali nei confronti dell’invasore e gli Stati Uniti sono diventati il primo esportatore del mondo.

I paesi dell’UE hanno dovuto cercare canali di approvvigionamento alternativi alle forniture russe, notoriamente più economiche, e per alcuni di loro – in primo luogo la Germania – il processo è ancora in via di definizione e niente affatto scontato. Non solo: poiché la crisi è tutt’altro che temporanea, occorre anche attrezzarsi per diversificare le fonti, richiamando in servizio vecchie centrali a carbone, sostituendo al gas - ove possibile - il petrolio e suoi derivati e ripensando ai veti ambientalisti sull’energia nucleare oltre che, ovviamente, accelerando la transizione verso le fonti rinnovabili.

.cntrale a carbone

Se si pensa che molti paesi avevano una vera a propria dipendenza energetica dal gas russo (su tutti la Germania), si può ben comprendere come l’inverno che è alle porte possa rappresentare un vero e proprio spauracchio per l’energia.  Il primo, immediato, effetto è stato l’aumento dei prezzi: bollette di gas e luce sono mediamente triplicate da noi, ben oltre gli aumenti fatti registrare dalla materia prima e nonostante che magna pars del costo per i consumatori sia rappresentata dagli oneri fiscali, che i vari governi – il nostro fra i primi – hanno ridotto per alleviare gli effetti disastrosi sulle famiglie e, soprattutto, sulle imprese.

Molto spesso gli aumenti delle bollette hanno addirittura preceduto quelli del mercato: evidenza di chiare manovre speculative, che sono ampiamente riscontrabili nei bilanci semestrali degli operatori di settore. Per dire, l’ENI – principale gruppo del settore energetico italiano a prevalente partecipazione pubblica – ha registrato nel primo semestre dell’anno in corso un utile netto di 7,3 miliardi di Euro a fronte dei 5,8 di tutto l’esercizio precedente; nel solo secondo trimestre del 2022 (quello in cui gli effetti della guerra si sono maggiormente manifestati) ha conseguito un utile lordo operativo di 5,84 miliardi di Euro, +13% rispetto al trimestre precedente e oltre il doppio realizzato nello stesso periodo dell’anno precedente.

Analogamente le altre aziende del settore, e tale andamento è testimoniato dal trend dei prezzi di borsa che per i titoli energetici è stato ampiamente e decisamente crescente in un periodo di cali generalizzati, soprattutto per le società tecnologiche.

Abbiamo già detto come gli USA siano diventati il maggiore esportatore di gas naturale del pianeta: considerando che i prezzi sono più che raddoppiati, si può avere una pallida idea di quanto siano lievitati gli utili delle società di questo comparto; e del resto la stessa Gazprom ha visto aumentare in misura sensibile i propri ricavi nel semestre pur avendo venduto molto meno gas. Certo, ora il mercato si è seccato e gli effetti dell’embargo cominciano a mordere anche per i russi: questo spiega anche la manifestata sempre maggiore insofferenza per le sanzioni.

.golfino

Il mercato del petrolio ha avuto un andamento decisamente diverso: è passato dai 77$ dell’inizio dell’anno agli 89,5 di oggi: tutto sommato meno del 20%, anche se in questo periodo ha raggiunto picchi di 122/123$, mentre il trend del gas naturale è stato linearmente crescente. Nel caso dell’oil ha pesato la concomitante recessione mondiale, in particolare il rallentamento dell’economia cinese, e anche – in minima parte – gli aumenti di quantità decisi dai paesi produttori e dagli stessi USA che hanno immesso sul mercato parte delle loro riserve, proprio al fine di calmierare i prezzi.

In definitiva, si è verificato un colossale trasferimento di ricchezza dai consumatori di energia (famiglie ma soprattutto imprese ad alta intensità energetica) ai produttori e ai traders. Fino ad ora, nei termini della teoria della Zero-Sum Society[2], nulla di nuovo sotto il sole: c’è stato chi ha guadagnato e chi ha perso con la guerra.

I problemi arrivano ora, perché la sostituzione della Russia e del gas naturale non può essere rapida né indolore per gli stati europei. Il gas richiede costose e gigantesche infrastrutture per essere trasportato dai luoghi di estrazione a quelli di consumo. La tratta Russia-Europa era stata per questo interessata dal forte investimento del North Stream che risulterà ora del tutto inutile. Fare nuovi oleodotti dai fornitori diversi (in particolare dall’Africa) richiede molto tempo e ingenti risorse; e non è affatto detto che, una volta a regime, si possa contare sulla lealtà commerciale dei nuovi partner.

.rigassificatore

L’Italia, vaso di coccio tra quelli di ferro, avrà maggiori difficoltà di altri paesi: si dovranno costruire o potenziare gli oleodotti esistenti e aumentare i rigassificatori al largo delle nostre coste. Ma si dovrà anche riparare ai costi che un ecologismo oggettivamente dannoso e distruttivo ha comportato fino ad oggi e ancor più potrebbe comportar in futuro. Non solo sarà necessario riaprire le centrali a carbone precipitosamente chiuse in passato e riprendere gli scavi per la ricerca e lo sfruttamento del gas naturale nel territorio del nostro paese altrettanto erroneamente fermati; ma dovrà necessariamente essere ripensata l’opzione nucleare, l’unica in grado di risolvere in modo definitivo, relativamente poco costoso e pulito, il problema energetico.

Rispetto a questo, gli inviti (o le disposizioni) a limitare l’uso del gas domestico – alcuni dei quali oggettivamente ridicoli come quello di cuocere la pasta senza gas – sono, come si diceva un tempo, acqua da occhi, un palliativo di pochissima utilità pratica.

.cucinare senza gas

Certo, un uso più corretto delle fonti energetiche aiuta ed è eticamente incontestabile, ma il vero problema sono le grandi aziende, gli impianti e le infrastrutture altamente energivore, non certo la necessità di mettersi un golfino in più in casa. I nostri governanti, più che imporci regoline di buon comportamento, dovrebbero fare la loro parte con i rigassificatori, le ricerche di giacimenti e il nucleare.

Su quest’ultimo aspetto, che un fattore di rischio ci sia è innegabile; ma non è più tempo di rifugiarsi dietro al dito di un referendum di trent’anni fa, in un’alta era geologica. Del resto, se succedesse un disastro in Francia – alle porte di casa – che fa ampio e consistente uso del nucleare, con grande soddisfazione dei consumatori transalpini che spendono in energia una frazione di quello che spendiamo noi, siamo così sicuri che le scorie e l’inquinamento si fermerebbero al confine?

 

 

[1] Con il termine Commodity ci si riferisce alle materie prime, ovvero a quella particolare categoria di beni che viene scambiata sul mercato senza differenze qualitative. Si tratta più nello specifico di beni cosiddetti fungibili, che sono quindi sostituibili nella soddisfazione del bisogno cui sono collegati, indipendentemente da chi li produce (dal sito di Borsa Italiana, https://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/commodity.htm ). Fra le più significative il petrolio, l’oro, l’argent, le diverse materie agricole

 

 

[2] Secondo Lester C. Thurow  (“The Zero-Sum Society, 1981), il paradigma della produzione e della distribuzione replica la nota assunzione della teoria dei giochi per la quale un gioco a somma zero descrive una situazione in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante in una somma uguale e opposta. Se alla somma totale dei guadagni dei partecipanti si sottrae la somma totale delle perdite, si ottiene zero.