SARABANDA DI ERRORI
La situazione di Israele affonda le radici in vicende storiche secolari e purtroppo non lascia intravedere nessuna speranza di s
Difficile trovare un altro esempio di vicenda storica in cui tutti i protagonisti e gli intervenuti a qualunque titolo abbiano, chi più chi meno, fatto errori; in cui tutti hanno ragione e tutti hanno torto nello stesso tempo; in cui a una cosa giusta ne seguono altre sbagliate. La situazione in medioriente è palesemente insolubile, e certamente non saranno le generazioni attuali a superare la crisi in modo definitivo: al massimo potranno ottenere qualche momento di pausa fra una crisi e l’altra.
Si tratta di una situazione insanabile perché l’unica soluzione pensabile, quella della pacifica e disciplinata convivenza fra popoli di etnie diverse e di religioni diverse, è incredibilmente impossibile da realizzare. L’odio atavico non solo fra israeliani e palestinesi, ma fra le diverse etnie arabe, fra palestinesi di orientamenti diversi, fra le fazioni politiche di Israele; i contrasti e le ambiguità delle potenze occidentali che intervengono nel conflitto, costituiscono un’equazione a enne variabili in cui non è dato trovare una soluzione.
Partendo da posizioni di principio inconciliabili e irrinunciabili – per tutti o solo per alcuni – quali il diritto all’esistenza dello Stato di Israele o la sua negazione, ogni pausa temporanea nelle ostilità viene utilizzata per organizzare l’offensiva in un momento successivo.
Se vogliamo trovare il momento in cui la crisi si è originata, senza andare indietro nel tempo all’epoca delle civiltà mesopotamiche, possiamo partire dall’inizio del secolo scorso[1]. Nel 1901 il 5° congresso sionista a Basilea decide di istituire il Fondo Nazionale Ebraico per acquistare terreni in Palestina al fine di riunire, dopo 17 secoli di diaspora, il popolo di Davide che si era disperso in ogni parte del mondo, e rappresentare un approdo sicuro per chi volesse fuggire alle persecuzioni e ai pogrom in Europa e altrove.
Con le risorse accumulate, vennero acquistate, a prezzi esagerati rispetto al modesto valore di mercato, terre perlopiù desertiche, incolte e paludose di cui i feudatari arabi furono ben contenti di sbarazzarsi. Lì nacquero i primi kibbutz, villaggi agricoli organizzati su base collettivista, che resero quelle terre fertili e produttive attirando – come era nelle intenzioni – molti ebrei da ogni parte del mondo. La popolazione israelitica, che alla fine della Prima guerra mondiale era di poche decine di migliaia di unità, crebbe fino a mezzo milione di abitanti alla vigilia del secondo conflitto mondiale, alimentata dal grande esodo per fuggire dalle persecuzioni naziste.
In seguito alla risoluzione ONU del 1947, che prevedeva la costituzione di due distinti stati, uno ebraico e l’altro arabo, nel maggio 1948 Ben Gurion dichiara solennemente la costituzione dello Stato di Israele, la prima e unica democrazia della regione, riconosciuta sia dalla Russia che dagli Stati Uniti. Poco prima i soldati della Regina britannica avevano lasciato la Palestina, e non passa neanche un anno che il nuovo stato si trova assediato e invaso dagli eserciti arabi circostanti (Egitto, Libano, Siria, Giordania, Iraq e Arabia Saudita), che ne vogliono la cancellazione dalla faccia ella terra.
Israele si troverà molto spesso da sola a lottare contro gli arabi che ne minacciano l’esistenza, anche se potrà contare sull’appoggio politico degli Stati Uniti e di altri stati, ma troverà sempre il modo di resistere e riorganizzare le proprie forze, molto spesso rovesciando i rapporti di forza e sterminando ampi strati di popolazione inermi.
Impossibile ripercorrere le vicende della regione nella seconda metà del secolo scorso (a partire dalla nazionalizzazione del Canale di Suez per opera degli Egiziani di Nasser) e nei primi venti anni di questo. Episodi eclatanti di terrorismo da parte delle fazioni violente dei Palestinesi (dall’Olp di Yasser Arafat ad Hamas, da Al Fatah ai Fratelli Musulmani a Settembre Nero), vere e proprie guerre come quella dello Yom Kippur (il cui 50° anniversario ha coinciso non casualmente proprio con il feroce attacco di Hamas a Gaza), alternanza politica alla guida di Israele che faceva arrestare i progressi nella distensione e acuiva i contrasti, fino alle scelte sciagurate di Bibi Nethanyahu, che porta responsabilità importanti nell’ultimo tragico attacco a Gaza da parte di Hamas.
Passando dalla Guerra del Libano del 1982, dai massacri di Sabra e Chatila, e dalla conseguente intifada, i momenti di violenza assoluta si sono alternati a sprazzi di speranza come in occasione del trattato di Camp David del 1977, che ha portato, fra l’altro, al premio Nobel per la pace 1994 a Shimon Peres, Yitzak Rabin e Yasser Arafat. E poi l’invasione iraquena dell Kuwait nel 1991, la vicenda di Saddam Hussein e l’operazione “Desert Storm”.
Il premier israeliano - al centro di violente contestazioni per la riforma della giustizia (che mira a renderlo inattaccabile dal potere giudiziario) e per la riforma dell’ordine pubblico –, fortemente indebolito, vince le elezioni del 2022 ma per governare deve allearsi con l’estrema destra di Potere Ebraico, del fanatico Ben Givr. Quello che aveva minacciato pubblicamente di morte l’ex premier Rabin pochi giorni prima del suo assassinio.
La politica di Bibi è stata quella di rafforzare Hamas, in funzione anti-Abu Mazel (il leader di ANP, l’Autorità Nazionale Palestinese) al fine di agevolare l’insediamento degli Israeliani in Cisgiordania. Per questo, alla vigilia del feroce attacco di Hamas del 7 ottobre, l’esercito della Stella di Davide era schierato in massa sul fronte cisgiordano, lasciando colpevolmente indifesa la striscia di Gaza.
Come sia andata a finire, è tristemente noto. A parte la prossima destituzione di Bibi Nethanyhu, che è palesemente arrivato al capolinea, una volta che l’emergenza a Gaza sarà passata, quello che succederà in futuro è un grande punto interrogativo. Di sicuro c’è che la situazione in medioriente non verrà mai risolta, almeno fino a che gli attuali protagonisti siano tutti usciti definitivamente di scena.
[1] Per una descrizione puntuale e per quanto possibile completa degli accadimenti della Storia di Israele, si veda l’articolo pubblicato in 3 puntate da Marco Travaglio Storia di Israele sul “Fatto quotidiano” in ottobre 2023.
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