IL TURISMO ECCESSIVO
Il tormentone estivo dell’overtourism: un bene o un male?
La nostra sembra davvero la società dell’eccesso: troppa gente, troppi telefoni e social, troppi soldi (o troppo pochi), troppo cibo (o troppo poco) e, da qualche tempo, troppi turisti un po’ dappertutto. Uno dei tormentoni di questa strana estate del Ventiquattro è il cosiddetto “overtourism”, brutto neologismo che indica un turismo dilagante e invadente, un flusso inarrestabile di persone che rende complicata la vita ai residenti dei luoghi turistici e difficile visitare in modo consapevole e godersi la vacanza per il popolo in cammino.
Ottimo argomento da cazzeggio post-ferragostano, quello dell’overtourism sembra davvero lo specchio dei tempi. Da un lato riflette il fatto che viaggiare per diletto non è più un privilegio riservato a pochi abbienti, ma è diventato un consumo di massa; dall’altro nasconde una malcelata diffidenza e ostilità nei confronti di chi viene da fuori, per molti versi analoga a quella verso gli immigrati, o migranti come si dice in politically correct.
Lo sviluppo e la diffusione dei mezzi di trasporto e di comunicazione, e soprattutto il dilagare dei voli low cost, hanno reso il viaggio verso mete lontane alla portata di tutti. Questo ha consentito sicuramente di realizzare molti dei desideri che nelle generazioni precedenti erano quasi sogni irrealizzabili, come visitare New York o Londra, le pampas argentine o le spiagge cubane. Ma ha dato la stura anche a spostamenti in massa in cui molto spesso non si riesce a visitare i luoghi di destinazione, o neanche ci si prova. Importante è muoversi, vedere gente nuova, conoscere posti nuovi, provare cucine diverse: sembrerebbe – ma solo a prima vista – realizzato l’ideale di Jack Kerouac secondo cui l’importante non è tanto dove andare, quanto il fatto stesso di viaggiare, di muoversi “On the road” in piena libertà e senza condizionamenti.
Non è chiaro quanto le frotte di gente che dall’Inghilterra si imbarcano per andare a fare shopping in un centro commerciale in Italia e rientrano a casa la sera siano in linea con l’ideale di Kerouac, né quanto lo siano le centinaia di visitatori dei grandi musei che affollano le sale per fare qualche foto o ripresa col telefonino e poter dire “ci sono stato”, senza magari essere in grado di apprezzare quello che hanno davanti, anche a causa dell’affollamento e della ressa.
Dobbiamo ammettere che tutto il ragionamento sull’overtourism sconta un certo snobismo culturale, come se le bellezze artistiche o naturali non fossero alla portata delle masse di gente accaldata e sudaticcia, con poco tempo e con pochi soldi per godersi in modo appropriato tutta la bellezza che in qualche modo sono riusciti a raggiungere.
Siamo agli antipodi dei bei tempi del Grand Tour, quando intellettuali, letterati, rampolli di famiglie nobili e ricche trascorrevano mesi o anni in Italia, scegliendo le località più belle e ricche di suggestione. Tempi che certo non potranno tornare (se non nei limiti di un turismo esclusivo con prezzi inarrivabili per gente normale) e che pure hanno generato una contaminazione culturale importante per quelle zone.
E tuttavia il fatto che sempre più persone vogliano muoversi per vedere cose nuove, fossero opere d’arte o paesaggi naturali, non può che essere positivo. Anche a costo di dover sopportare qualche disagio da parte dei residenti, che trovano prezzi in vertiginoso aumento, in primo luogo quelli legati al real estate (le case spariscono dal mercato degli affitti per essere impiegate nel business dell’ Air B&B) e difficoltà a muoversi.
Le strade sono ormai diventate appendici di caffè, ristoranti e bistrot, grazie alla furbizia degli esercenti, che hanno sfruttato le limitazioni temporanee della pandemia per acquisire nuovi spazi all’aperto, spazi che sono poi stati acquisiti in modo permanente. Le passeggiate lungo mare sono diventate gimkane fra ombrelloni e sdraio piazzate fin quasi nell’acqua; per fare la spesa nelle località balneari in alta stagione tocca prendersi un giorno di ferie.
La notizia della recente introduzione di ticket di ingresso per i turisti in luoghi eccessivamente affollati, come Venezia o le Cinque Terre, le proteste della popolazione che a Palma di Maiorca ha organizzato una manifestazione gigante con cartelli contro il turismo di massa e l’aumento degli affitti, i continui incrementi della tassa di soggiorno: sono tutti elementi che devono far riflettere e non vanno trascurati.
Ma, come dicevamo, l’incremento del turismo non può che essere un fatto positivo. Intanto fa muovere l’economia, crea occupazione e ricchezza specie in un paese come il nostro, nel quale lo sviluppo futuro non potrà che poggiare soprattutto sui nostri vantaggi competitivi: turismo e agricoltura.
E inoltre scoprire e apprezzare le città d’arte, i paesaggi montani o marini, la storia dei nostri borghi contribuisce a elevare il livello culturale, anche se nel tempo e talvolta inconsapevolmente. Vivere circondati dalla bellezza ci rende migliori, più sensibili e più ricettivi. Basti pensare alle nostre città nel Rinascimento, dove fiorivano laboratori, scuole di pittura, e ben presto si creò un vero e proprio circolo virtuoso.
Non è quindi il caso di lamentarsi dell’overtourism, anche se – ad esempio – la prospettiva dell’invasione di Roma per il giubileo dell’anno prossimo sta causando un po’ di preoccupazione agli abitanti della capitale e notevoli disagi per i lavori e i cantieri che sono stati aperti. In fin dei conti, quei lavori porteranno miglioramenti destinati a restare, e magari i pellegrini potranno tornare successivamente in modo meno caotico a visitare la città più bella del mondo.
Commenti
Ciao Marco
Turismo eccessivo, un tormentone? Un eccesso? Ma non direi proprio!!!
Se infatti il numero elevato di presenze "regolari" che portano ricchezza alle nostre splendide città o ai nostri luoghi di villeggiatura deve essere visto come un problema, il mio pensiero è che vengano pure 100 di questi problemi!!!!
Ma dirò di più se gli scellerati nostri governanti del passato che, fino a poco tempo fa, hanno approfittato delle loro poltrone solo per scopi personali e senza una minima cognizione, valorizzazione e sfruttamento di quelle che erano e sono tuttora le nostre vere ricchezze (la bellezza unica della nostra penisola unita all'agricoltura, all'allevamento ed alla.pesca), sicuramente non saremmo oggi un paese industriale che ha fatto solo la fortuna di poche famiglie di sfruttatori e nel contempo deve dipendere dall'estero in quanto non ha risorse importanti nel sottosuolo, ma non avremmo neanche dovuto sottostare al giogo impostoci da quell'Europa che da sempre vede l'Italia solo come un "pollo da spennare"!!
In sostanza i politici sopra citati e soprattutto quelli ai quali oggi non è rimasto altro che il "sinistro linguaggio" da te citato e che corrisponde alla follia del politically correct, non capirono a suo tempo (e non capiscono nemmeno adesso) che, se in Europa si cercava e si cerca anche oggi il mare splendido, le montagne che ti lasciano senza fiato, le meravigliose città d'arte di ogni epoca storica, la cucina da leccarsi i baffi o il buon bere e potrei andare avanti con la campagna incantevole ed i suoi unici prodotti, ecc., si doveva e si deve venire solo in Italia ed in nessun'altra nazione europea. E allora che vengano i turisti e, soprattutto, che paghino profumatamente tutto ciò che solo in Italia riescono a trovare!!!!
E tutto questo senza farsi "mangiare il b....ello dalle mosche" che significa giù le mani dalle nostre spiagge, giù le mani dal parmigiano reggiano, giù le mani dai nostri ottimi vini e giù le mani da tutto ciò che è made in Italy!!!!
Purtroppo gli errori si pagano ed il belpaese non è scevro dall'obbligo di .........pagare!!!!
Un caro saluto!!!
Gianni Rabissi
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