Il patrimonio delle organizzazioni non-profit
Dopo aver parlato a lungo di finanza per le famiglie, torniamo ad occuparci di organizzazioni non-profit, ovvero di fondazioni e associazioni che hanno come finalità esclusiva il perseguimento di obiettivi di interesse generale, quelli che potremmo definire orientati al “bene comune”. In particolare, vediamo come queste entità dovrebbero gestire il loro patrimonio non per ottenere un profitto maggiore (finalità delle persone fisiche e delle aziende commerciali), ma per dotarsi degli strumenti necessari alla loro specifica attività di interesse collettivo. Un primo inquadramento di questo tipo di soggetti si può trovare in un mio precedente post. Cerchiamo di entrare nel dettaglio della gestione di patrimonio (asset management): vedremo come i criteri di efficienza e prudenza che abbiamo suggerito per l’investitore razionale siano sostanzialmente gli stessi anche per chi amministra organizzazioni non-profit. D’altra parte, anche il regime fiscale è lo stesso per cui una serie di conclusioni a cui siamo giunti nella mini-guida sull’investimento responsabile pubblicata in questo blog, è sicuramente estendibile anche al terzo settore. Parliamo prevalentemente di fondazioni, patrimonio per uno scopo, in cui elemento caratterizzante è soprattutto il patrimonio. Le fondazioni possono essere distinte, come abbiamo visto nell’articolo sopra citato, in operative (la cui attività si sostanzia nella gestione diretta dei progetti) ed erogative (che invece si occupano di gestione del patrimonio, valutazione dei progetti, erogazione dei finanziamenti). Diverse le tipologie operative delle due categorie, ovviamente diverse le modalità di gestione del patrimonio. Vediamole un po’ più da vicino. LE FONDAZIONI OPERATIVE Le funzioni svolte da questo tipo di fondazioni, per loro natura più vicine al modello operativo delle imprese, sono:
- Management di tipo aziendale su ogni progetto gestito, ivi incluso l’aspetto di reperimento e gestione dei finanziamenti (fund raising), di gestione del personale e di rendicontazione;
- Coordinamento amministrativo e finanziario fra i diversi progetti.
Il patrimonio deve quindi servire a reperire le risorse per consentire l’avvio e il funzionamento dei singoli progetti, laddove i fondi raccolti da terzi non siano sufficienti. Si tratta di una funzione molto delicata che, se non svolta in modo efficiente, può pregiudicare il singolo progetto fino a farlo fallire ma anche, per una sorta di effetto domino originato dal track-record negativo, rendere molto difficile raccogliere risorse per gli altri progetti. Siccome i progetti sono generalmente pluriennali, occorrerà un’accurata attività di pianificazione strategica e programmazione dei flussi finanziari per almeno 3 anni, fermo restando che per i progetti di durata eccedente deve comunque essere assicurata una dotazione di riserva in grado di compensare l’eventuale mancanza non prevista di fondi di terzi o di ricavi accessori generati dall’attività.
La pianificazione parte dalla previsione dei costi del progetto suddivisa nei primi tre anni di vita. Ad essi si contrappongono le risorse su cui il progetto può contare, sostanzialmente fondi raccolti da terzi e/o ricavi accessori generati dal progetto.
La differenza fra i due valori evidenzia il fabbisogno economico per quel progetto, che presumibilmente graverà sul patrimonio della fondazione. Per passare da questo al fabbisogno finanziario, il dato che interessa, occorre considerare la scansione temporale dei flussi. Mentre è prevedibile che i costi si manifesteranno subito, specie quelli di impianto, i ricavi potrebbero dare luogo ad entrate solo dopo un certo tempo: sia perché spesso i cofinanziatori – una volta approvato il progetto – richiedono comunque la dimostrazione della spesa per erogare il finanziamento; sia perché i ricavi accessori seguono il “processo produttivo”. Il patrimonio dovrà essere allora gestito in modo da generare, con la scansione temporale dei flussi finanziari previsti, redditi in corrispondenza al fabbisogno stimato. Si tratta di un tipo di gestione finanziaria molto vicino a quello dell’azienda di produzione, così come vicina all’attività di impresa è quella di un’azienda operativa: si pensi alla gestione di un ospedale, di una scuola, di un museo. Le professionalità richieste, in questo caso, sono quindi analoghe a quelle di un direttore finanziario (Chief Financial Officer, CFO) e degli addetti al reparto amministrazione e controllo di un’azienda. Da notare che la copertura del fabbisogno può essere costituita da risorse proprie (redditi di patrimonio) ma anche da leva finanziaria (debiti bancari), attivabile ponendo a garanzia dei prestiti il patrimonio della fondazione dedicato al progetto. Si tratta di gestione “a valori assoluti” ovvero calcolata in quantità di Euro: non importa sapere quale percentuale di rendimento può garantire un determinato impiego di patrimonio, ma quale investimento può generare i flussi di reddito necessari. L’elemento “certezza” ha qui un rilievo strategico, molto più che per una fondazione erogativa, in cui se si realizza un buon investimento percentuale si potrà erogare di più, se invece le cose vanno male si finanzieranno meno progetti. Per una fondazione operativa restare a corto di liquidità può significare non pagare gli stipendi o non essere in grado di curare malati già ricoverati o di terminare un anno scolastico già iniziato. Nel prossimo articolo esamineremo il caso della fondazione erogativa, che come vedremo ha caratteristiche molto diverse
- Per commentare o rispondere, Accedi o registrati