Pillole di Finanza: tassi variabili e spread
L’investimento a tasso fisso è una gran bella cosa perché consente di conoscere con esattezza i flussi monetari (nominali, ovviamente, quindi senza tener conto dell’inflazione) dal momento dell’impiego fino alla scadenza.
E se il nostro investitore è soddisfatto della cedola e non ha bisogno di tornare in possesso dei contanti prima della scadenza, può disinteressarsi di tutto il resto. Ma se dovesse vendere prima della scadenza e il livello dei tassi fosse aumentato, abbiamo visto che subirebbe una perdita in conto capitale perché il prezzo del titolo scenderà. Ovviamente se invece i tassi scendessero, il prezzo al contrario aumenterà e potrà scegliere se tenere il titolo comunque fino alla scadenza, godendosi un rendimento superiore a quello corrente di mercato, oppure venderlo e incassare la plusvalenza.
Ovvero, chi compra un titolo a tasso fisso resta esposto a quello che si chiama “rischio tasso”, l’eventualità che una variazione dei tassi di mercato influisca sul risultato complessivo del suo investimento.
Chi vuole evitare questo rischio dovrà orientarsi verso i tassi variabili, che hanno la caratteristica di adeguarsi, seppure non totalmente e con un certo ritardo, alle variazioni dei tassi di mercato. Anche in questo caso il concetto è intuitivo: se prendiamo un titolo a tasso variabile, ad esempio – per restare nell’ambito dei titoli di stato – un CCT, la cedola che riscuoteremo ogni sei mesi sarà determinata solo prima della decorrenza del periodo di interesse (in modo tale che in ogni momento è nota la cedola in corso). Per i successivi semestri, invece, non è nota la cedola ma solo il metodo per calcolarla.
Il metodo di calcolo è in genere determinato da un parametro e da uno spread.
Il parametro è un tasso di riferimento, che ha la caratteristica di essere calcolato e reso pubblico giornalmente da un’agenzia o un’autorità, è quindi un tasso ufficiale. Si tratta sempre di una media dei tassi di un certo tipo rilevati nel periodo. Lo spread è l’elemento che si aggiunge al parametro per calcolare la cedola effettiva.
Se prendiamo ad esempio il CCT 15/6/2022, attualmente ha una cedola semestrale di 0,17% che è data dalla somma del parametro (in questo caso il tasso Euribor 6 mesi) più uno spread di 0,55%. Evidentemente in questo caso il tasso euribor peso a base è un tasso negativo, ovvero -0,38.
Se i tassi a 6 mesi dovessero mediamente aumentare e arrivare in un periodo a 0, la cedola nel periodo successivo sarebbe pari a 0,55%.
Si tratta quindi di investimenti che pongono al riparo da aumenti di tasso che dovessero verificarsi nel periodo, anche per effetto, ad esempio, dell’aumento dell’inflazione, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana.
Esistono però anche titoli che prevedono un tasso di rendimento reale, ovvero periodicamente aggiornato in base all’inflazione rilevata nel periodo precedente. Anche se molto contenuti, questi tassi consentono comunque di garantire un interesse il cui potere d’acquisto rimanga costante nel tempo anche se l’inflazione dovesse impennarsi.
Sullo spread, che abbiamo incrociato per il calcolo della cedola, torneremo più ampiamente nella prossima pillola, perché è da tempo diventato un termine diffuso e molto importante
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