LA FELICITÁ È UN CASTIGO DEGLI DEI

LA FELICITÁ È UN CASTIGO DEGLI DEI

Ven, 10/25/2024 - 08:35
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È proprio quando tutto sembra andar bene che bisogna cominciare a preoccuparsi

.castigo

Heri dicebamus: una volta tanto celebriamo i successi del nostro sito. Non tanto quelli in termini di numero dei lettori, che pure è aumentato in modo significativo (siamo a circa 3.000 utenti unici al mese) quanto sulla correttezza delle indicazioni fornite negli editoriali e negli avvisi ai naviganti. I lettori di buona volontà potranno divertirsi a rileggere quanto avevamo scritto nel novembre dell’anno scorso[1], quando – come di consueto – facevamo un riepilogo dell’andamento dei mercati finanziari nell’anno che si chiudeva e cercavamo di dare qualche indicazione per la gestione di portafoglio nell’anno successivo.

I lettori che invece non hanno tempo o voglia di rileggere quanto avevamo scritto, si dovranno accontentare di una sintesi sui trend attesi per il 2024: in particolare suggerivamo di insistere sull’azionario USA – nonostante i prezzi avessero già corso non poco e i multipli fossero ai massimi storici – e di prendere posizione sull’oro, anche se prevedevamo un dollaro in rialzo.

Orbene, da allora l’azionario USA è cresciuto di oltre il 40%; il prezzo dell’oro è passato da 1.975 dollari l’oncia a 2.746 (anche in questo caso + 39%) e il cambio del dollaro è cresciuto (solo) del 2,12%, ma negli ultimi mesi del 3,37%. A parte la performance del biglietto verde, chi avesse investito – allora – metà del patrimonio in un qualunque indice azionario USA e l’altra metà in titoli collegati all’oro, avrebbe realizzato una performance strabiliante.

Chi poi se la fosse sentita di puntare tutto su un unico cavallo, e quel cavallo fosse stato la seconda società del mondo per capitalizzazione, Nvidia, avrebbe registrato un incredibile +65%.

.felicità

E non è tutto: il listino continua a inanellare record storici nonostante l’ormai prolungata crescita e tutto lascia pensare che il cosiddetto atterraggio, ovvero l’inizio della fase discendente, sarà in realtà un soft landing; e qualcuno ritiene che sarà addirittura un no landing.

In effetti tutto sembra orientato al meglio: settembre – statisticamente un mese molto difficile per la borsa – si è chiuso in crescita, l’economia sta veleggiando intorno a un + 3% di crescita del PIL (oltre le previsioni); la disoccupazione è al 4,1%, livello considerato “frizionale” ovvero tecnicamente irrilevante e quindi di fatto di piena occupazione.

Non solo: l’inflazione - il mostro che aveva indotto le banche centrali a una politica di forte rigidità monetaria con il maggior incremento dei tassi di interesse degli ultimi decenni – è ormai molto prossima al livello target del 2%.

.trump

E tutto questo nel corso di un anno elettorale in cui le consuete incertezze sono state amplificate dalle vicende personali del Presidente in carica, che alla fine si è ritirato dalla competizione, e dai toni violenti del candidato eversivo Donald Trump, che in questi giorni sembra addirittura in vantaggio. Oltre tutto in una situazione geopolitica fortemente instabile, con i due conflitti in corso in Europa e in Medioriente.

Sembra proprio che il mercato resti del tutto indifferente sia alla battaglia politica che alla guerra delle armi e, con poco più di dieci giorni di borsa aperta fino alle elezioni, eventuali scivoloni siano da escludere, anche perché chiunque vinca la residenza alla Casa Bianca per i prossimi quattro anni è molto probabile che la politica economica e di bilancio restino orientate all’espansione e mirate allo stimolo della produzione.

Eppure.

Eppure, se oggi dovessimo dare un consiglio al nostro lettore-investitore e risparmiatore, ci sentiremmo di suggerire prudenza e di arrivare il più possibile liquidi al termine fatidico delle elezioni. Per una serie di motivi. Vediamoli nel dettaglio.

Intanto famiglie e imprese in USA sono oggi molto esposte e investite nell’azionario, e la cassa di cui dispongono liberamente è ai minimi storici. Ciò significa che sarà molto difficile assistere nuovamente a rally significativi della borsa. Inoltre, il cosiddetto dividend yeld, ovvero il rendimento dei dividendi azionari rispetto al capitale investito, è oggi al minimo storico (meno di 1,3%). Questo perché l’entità dei dividendi distribuiti dalle società è aumentata molto più lentamente del prezzo di borsa. Visto da un’altra prospettiva, il famigerato rapporto price/earning (ovvero prezzo/utili) ha raggiunto livelli in alcuni casi fuori da ogni logica.

In caso di bisogno di liquidità, gli investitori – non potendo contare su un flusso significativo di dividendi e avendo poca cassa a disposizione – si troverebbero costretti a vendere, con conseguenti diminuzioni dei valori di borsa.

E inoltre l’incertezza che potrebbe seguire all’avvio della competizione elettorale potrebbe avere una durata molto lunga, dato che Trump ha già detto che, in caso di sua sconfitta, contesterà i risultati (e magari tenterà un nuovo assalto al Campidoglio).

C’è poi da considerare il livello di guardia raggiunto dal debito pubblico: negli Stati Uniti ha raggiunto la cifra record di 36 trilioni di dollari, e la spesa per interessi è oggi la voce più consistente dell’intero budget federale.

.ingordo

Non ci sorprenderemmo se, all’indomani delle elezioni, il mercato subisse un consistente scivolone, come accadde subito dopo la vittoria di Trump, anche se poi recuperò molto in fretta. In quel caso, basterà ricomprare gli asset al momento di massimo calo.

Tutto sommato, meglio portare a casa gli utili prodotti finora che rischiare di perderli: è sempre bene non essere troppo ingordi.