FARE LA GUERRA SUL SUOLO DEGLI ALTRI (3)

FARE LA GUERRA SUL SUOLO DEGLI ALTRI (3)

Mar, 02/22/2022 - 19:41
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La crisi in Ucraina: le ragioni storico-politiche e i prevedibili sviluppi (terza e ultima parte)

.ukraine war

I lunghi e tormentati eventi che abbiamo descritto nei due articoli precedenti ci portano ai giorni nostri. 

Il governo ha sempre formalmente sostienuto l’obiettivo di vicinanza all’occidente, agli Stati Uniti e all’Unione Europea, nonostante la freddezza di Bruxelles, almeno fino alle ultime tragiche vicende.

In realtà però quello stesso Governo sopravviveva con grande difficoltà, non essendo in grado di rimborsare i prestiti alla Russia e in una situazione di totale carenza di risorse finanziarie che hanno gettato il paese nell’assoluta indigenza.

Da un punto di vista economico l’Ucraina, pur essendo un crocevia nel trasporto del gas dalla Russia, grande produttrice, all’Europa occidentale, non è mai riescita a fattorizzarne il vantaggio, avendo interrotto i rapporti di interscambio con la Russia stessa.

Il capitale finanziario di matrice statunitense, seguendo il modello già utilizzato con successo nella crisi argentina, rileva una quota importante del debito pubblico ucraino a prezzi di saldo. Il fondo Franklin Templeton acquista il 40% del debito nazionale, a fine agosto 2014, per un valore nominale di 6 miliardi di dollari. Qualche mese prima l’ex premier Janukovyc aveva invece rifiutato l’offerta di un credito di 15 miliardi di dollari da parte della Russia, in cambio della rinuncia del trattato di associazione all’Europa.

.zelensky

Sull'onda delle promesse di nuove riforme e di una rapida fine del conflitto, nell'aprile 2019 viene eletto presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelensky: è un attore, comico e sceneggiatore (i comici in politica sembrano attraversare un momento di grande successo) diventato popolarissimo nel Paese per aver interpretato uno show televisivo dal titolo "Servitore del popolo", in cui metteva in scena, per l'appunto, un capo di Stato astutissimo, capace di superare antagonisti e detrattori. La cruda realtà si rivelerà forse più complessa: le nuove trattative di pace con la Russia annunciate subito dopo il voto sono un buco nell'acqua. Nondimeno, Zelensky cerca di tessere una tela complessa di alleanze internazionali.

Già dalla primavera dell'anno scorso la Russia aveva mosso ai confini dell'Ucraina fino a centomila soldati. Anche a seguito delle vivaci proteste dell'Occidente e di Kiev, dopo circa tre settimane le truppe furono ritirate. Lo scorso novembre il movimento ricomincia da capo: nonostante le continue smentite di Mosca, l'Ucraina e l'Alleanza atlantica parlano apertamente di timori d'invasione. Putin torna a chiedere le sue garanzie di sicurezza (a cominciare dalla rinuncia ad un allargamento della Nato ad est), e questa volta si fa sentire finanche il presidente americano Joe Biden, che il mese successivo avrà ben tre colloqui telefonici con il capo del Cremlino, senza risultati apparenti: le tensioni crescono di giorno in giorno, gli allarmi circa una possibile aggressione militare si intensificano.

Arriviamo così ai giorni nostri, nei quali la massiccia presenza russa al confine e le insistenti manovre militari sono in realtà i prodromi dell’invasione armata dell’Ucraina, partendo dal Donbass per puntare sulla capitale Kiev.

Il peggiore scenario che può prospettarsi – anche se Biden l’ha espressamente smentito - è quello della diffusione del conflitto fra Russia da una parte, che ovviamente non gradisce avere il nemico alle porte di casa, e Stati Uniti dall’altra, data anche la debolezza ed evanescenza della posizione europea.

Rispetto al programma di “America first”, col quale Trump dichiarava di non voler più fare il poliziotto del mondo intromettendosi negli affari degli altri Paesi (proposito in questo caso rafforzato dall’amicizia personale con Putin) ma di concentrare energie e risorse in favore degli americani, sembra di essere tornati indietro ai tempi di Obama.

.ukraine map

La soluzione più ragionevole pare essere quella di una divisione politica dell’Ucraina in due macroregioni: quella occidentale, da Leopoli a Kiev, sotto la dominante influenza occidentale ed in particolare polacca; e quella orientale a guida filo-russa. I problemi principali saranno però come realizzare la divisione dei territori e la coesistenza delle due nuove realtà come stati indipendenti e sovrani ma vicini.

 Da un punto di vista economico, per l’Europa la soluzione della crisi ucraina è un passaggio indispensabile sia per allontanare gli scenari di una guerra globale che potrebbero essere devastanti e senza ritorno, sia per normalizzare i rapporti commerciali con la Russia, il mercato più vicino, interessante e ricco per l’Europa occidentale. Mercato già fortemente penalizzato dall’embargo imposto dagli Stati Uniti sulle merci russe e di fatto ormai chiuso per effetto delle sanzioni.  Gli stessi prezzi e la disponibilità dell’energia, influenzati dal trasporto in territorio ucraino, sono un fattore decisivo specie per paesi come l’Italia fortemente dipendenti dal consumo di gas.

.gas pipeline

Dall’Ucraina passa infatti il 37 per cento del gas naturale diretto dalla Russia verso Occidente. Il 40 per cento del gas che usiamo in Italia arriva dalla Russia. È ora sospeso il processo di attivazione del gasdotto North Stream 2, per portare il gas direttamente in Germania dal Baltico. L’Europa ha peggiorato negli ultimi anni la sua dipendenza dal gas e in questo ha contribuito la decisione di dismettere il nucleare in Germania. Naturalmente, la chiusura dei rubinetti è l’arma più forte per la Russia, che ha già ridotto le forniture (tranne che in Germania, in un tentativo di dividere l’Europa).

Il presidente americano Joe Biden promette all’omologo ucraino Zelenksy "che gli Stati Uniti si impegneranno per la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, e risponderanno rapidamente e con decisione, insieme con alleati e partner, a qualsiasi aggressione russa". In che modo? "Imponendo sanzioni economiche e finanziarie che avranno conseguenze massicce e immediate sull’economia" di Mosca sul fronte della tecnologia, delle banche e dell’energia. E questa volta sembra che le sanzioni, effettivamente pesanti e condivise da tutti i partner occidentali, stiano funzionando.

L'epicentro della crisi non può però che essere l’Europa, la quale dovrà attrezzarsi per poter rinunciare al metano proveniente dalla Russia attraverso l’Ucraina. Una difficoltà di non poco conto, che probabilmente renderà necessario tornare - almeno parzialmente - a combustibili fossili quali il carbone, messi al bando dalle diffuse preoccupazioni sul climate change.

Insomma, un conflitto armato globale è sicuramente possibile. Ma non conviene a nessuno.

Altro sbocco solo teorico è rappresentato dalla cosiddetta finlandizzazione, ovvero la neutralità scelta dopo la Seconda guerra mondiale dalla Finlandia, che non entrò nella Nato ma neanche nel Patto di Varsavia.

Di fatto, questo costituirebbe l’accoglimento della principale richiesta avanzata dal Cremlino per evitare la guerra e che l’Occidente aveva rigettato con sdegno nel nome della libertà dell’Ucraina di decidere le sue alleanze.

.north stream 2

La lunga processione di leader occidentali, che ha sfilato da Putin prima dell'attacco per trattare sul lungo tavolo bianco costruito da un artigiano di Cantù non ha portato risultati, e del resto non è stato edificante aver visto i leader europei inscenare la farsa di chi minaccia durissime sanzioni economiche alla Russia subito dopo aver supplicato Putin di aumentare il flusso del gas russo in Europa e di far funzionare il metanodotto North Stream 2.

Come dire: sui principi non si discute, ma gli affari sono affari. E chi, meglio di Putin, può capire questo refrain?