Analisi di scenario: L'Eurozona e l'Italia
Abbiamo iniziato la scorsa settimana a fare un po’ di analisi di scenario, vedendo come i concetti descritti nella mini serie sui fondamentali dell’economia abbiano un riscontro pratico immediato sulle scelte di portafoglio.
Partendo dalle due recenti crisi di politica internazionale, quella nord coreana e quella conseguente alla minacciata imposizione di dazi doganali da parte di Trump, abbiamo infatti visto come tali eventi – a parte una reazione immediata negativa – non siano ritenuti suscettibili di modificare un quadro complessivo impostato su crescita e sviluppo sostenuti.
Crescita USA al 3%, inflazione al 2%, politica di bilancio espansiva e piena occupazione fanno prevedere maggior rigore nella politica monetaria e quindi tassi in crescita. Preferibili le azioni alle obbligazioni e preferibili i tassi variabili a quelli fissi e gli strumenti inflation linked, ovvero che offrono protezione per l’inflazione.
Buone prospettive per i mercati emergenti e in particolare per Brasile e Russia, oltre che per la Cina – che sta crescendo fra il 6,50 e il 7% all’anno – il Regno Unito e Singapore.
Queste, in sintesi, le indicazioni che erano emerse dalla nostra, molto sintetica e personalizzata, analisi di scenario.
E l’Europa?
L’Europa è quasi completamente assente dagli scenari “caldi” di tutto il mondo, quali il Medio Oriente e la guerra dei dazi doganali. A parte le considerazioni politiche, si deve dire che questo ha consentito al sistema comunitario di proseguire senza intoppi nel forte sentiero di sviluppo economico in corso da diversi anni.
Oggi l’Eurozona è considerata preferibile agli Stati Uniti come target di investimento, soprattutto perché considerata meno a rischio di volatilità. Anche qui, meglio le azioni delle obbligazioni, perché anche in Europa i tassi sono destinati a crescere e, quindi, il valore dei titoli a reddito fisso a diminuire.
L’inflazione crescerà, ma resterà sotto il margine di sicurezza del 2%. L’occupazione invece è mediamente cresciuta molto negli ultimi anni, ma resta ancora lontana dal livello di pieno impiego, soprattutto per la zavorra di paesi come Italia, Grecia e Portogallo. I multipli dei titoli azionari sono alti, ma gli analisti ritengono che, in un panorama produttivo ben intonato, ci siano ancora margini di crescita.
Quindi, per gli investitori, l’Europa è meglio degli Stati Uniti.
Se andiamo a vedere i settori, tuttavia, c’è qualche segnale preoccupante. L’Europa è sostanzialmente assente dai settori dove si stanno giocando le sfide per il futuro: l’alta tecnologia e l’intelligenza artificiale. Che accidentalmente (si veda il nostro articolo della scorsa settimana) sono anche i più rilevanti terreni di battaglia della guerra dei dazi doganali fra USA e Cina.
La Commissione Europea ha da poco stanziato 50 milioni di Euro per programmi di ricerca e sostegno all’intelligenza artificiale (peanuts rispetto a quanto stanno investendo i cinesi) e ha pubblicato uno striminzito documento di una ventina di pagine di strategia, di cui gran parte dedicate a come combattere l’attacco dell’intelligenza artificiale alle libertà civili.
Di fronte a tale immobilismo, la Francia di Macron ha commissionato al matematico Cédric Villani un piano piuttosto articolato nel quale investirà un miliardo e mezzo, una cifra solo più dignitosa ma certamente ancora insufficiente per competere a livello planetario.
Uno dei settori visti con maggior favore in Europa è invece quello dell’immobiliare quotato, ma anche il finanziario, la meccanica tradizionale e le telecomunicazioni: sembra la sfida del passato contro il futuro, rispetto ai settori di investimento privilegiati nei Paesi di cui si è detto sopra (l’agricoltura rispetto alla tecnologia, l’auto meccanica contro l’auto a guida automatica, e così via).
Non parliamo dell’Italia.
Anche da noi siamo in fase di ripresa, ma i tassi di crescita sono frazionali rispetto a quelli statunitensi ed europei. La disoccupazione è ancora molto elevata, specie fra i giovani e al Sud e il bilancio pubblico non consente quelle manovre di sostegno allo sviluppo che sarebbero necessarie.
Il comparto azionario è considerato in salute grazie alle buone performance delle società quotate e al ritorno degli investitori sul mercato delle piccole e medie imprese nazionali, trainato dai PIR, i Piani Individuali di Risparmio, che consentono esenzione fiscale per gli utili sotto determinate condizioni
Da noi i settori favoriti sono quelli ultra tradizionali dell’immobiliare, dell’agroindustria, servizi, moda e design.
Quanto alle valute, dopo il recupero del dollaro avvenuto negli ultimi mesi sulla scia del decollo della riforma fiscale di Trump, l’Euro è atteso in crescita rispetto al biglietto verde. Analogo rafforzamento anche nei confronti del franco svizzero, e così pure lo Yen giapponese è atteso in forte crescita rispetto al dollaro.
Per il nostro investitore, concludendo, si profila un periodo di sostanziale stabilità della crescita economica media in cui non sono attesi cambiamenti sostanziali, ma certamente si assisterà a maggiore volatilità. L’indicazione su cui tutti gli analisti concordano è quella di preferire le azioni ai titoli del reddito fisso, che dovranno scontare una fase piuttosto prolungata di aumento dei tassi di interesse.
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